Una città più sicura
se c’è più cultura

Stiamo celebrando le due settimane di festa di compleanno del grande Gaetano Donizetti. Purtroppo l’entusiasmo si tinge di malinconia quando getto da qui, Città Alta, lo sguardo verso il centro di Bergamo bassa: il sentimento negativo nasce dalla cronaca nera. Penso agli ultimi furti e all’incendio della giostra che faceva divertire tanti bambini. Sono sicuro che riuscirà a divertirli ancora a lungo, superato lo choc dello spaventoso incendio. A destare impressione, a far crescere l’inquietudine, contribuisce la simultaneità dei due episodi, il furto e il rogo, avvenuti a pochi metri di distanza, a poche ore di distanza. Per fortuna, superato lo sgomento, giunge presto la ragionevolezza, che prevale sulle impressioni superficiali.

Esiste certamente un tema delicato che si chiama «sicurezza», eppure la mia convinzione personale mi suggerisce di affrontarlo senza amplificarlo. Insistere con le accuse di desertificazione del Centro Piacentiniano non mi sembra un modo interessato a risolvere realmente i problemi, certamente reali, ma che rientrano semmai in una logica di paura contagiosa che non mi piace, perché rischia di diffondere atteggiamenti deprimenti di incertezza e sfiducia. Mi chiedo, e chiedo a tutta la città: questi sentimenti concorrono davvero a generare una reazione utile? Non credo proprio. Da operatore culturale – conscio del grande cambiamento sociale in atto -, dal primo giorno di mio insediamento come direttore artistico ho cercato di propagare vita e dinamismo irradiandoli dal Teatro Donizetti tutt’intorno negli spazi circostanti. Di conseguenza sono convinto che i punti fermi di tutte le forze politiche dovrebbero essere, usando le parole di Piersanti Mattarella, «Rispetto per le istituzioni, trasparenza nell’amministrare, barra ferma sulla legalità».

Credo che anche attraverso la musica sia possibile dare una riposta efficace, perché civica e collettiva, alle invocazioni di maggior sicurezza: la sicurezza di una città intera si ottiene vivendo per intero, notte e giorno, la città stessa, come il Festival Donizetti Opera sta cercando di fare dalla sua nascita, attraverso non solo le manifestazioni in teatro (prima al Donizetti, oggi al Sociale), ma anche nella miriade di attività collaterali che coinvolgono i più diversi spazi urbani, registrando la convinta adesione di ampie fasce di cittadinanza. Bergamo può e deve disegnare una rete di relazioni sociali protette dal sostegno reciproco. Nell’attesa che il Teatro Donizetti torni a nuova vita al termine dei previsti lavori, proseguiamo nel nostro impegno di coinvolgimento collettivo intorno alla figura e all’opera del compositore cittadino. La chiusura del «contenitore» Teatro non corrisponde ad una interruzione delle attività ma ad una diversificazione radiante, spero contagiosa, sicuramente democratica. Il calendario parla chiaro: d’estate la Donizetti Night intorno al centro piacentiniano, d’inverno il festival in Città Alta che sta dimostrando l’urgenza e l’attualità del messaggio immortale e bruciante di Gaetano: passione, determinazione, dolcezza e umanità sono le sue parole d’ordine.

La figura di Gaetano è talmente ricca di talento e cultura che può aiutarci senz’altro a rafforzare l’identità della nostra città e di conseguenza del suo centro cittadino. Per questo insisto molto sul coinvolgimento delle scuole alle nostre iniziative, perché i giovani di oggi sono gli adulti di domani, e se riusciranno ad appassionarsi al loro illustre concittadino, o magari innamorarsene, troveranno in lui un amico e un maestro. A quel punto riusciranno a vivere la città in modo più «colto», sicuramente più consapevole di appartenere a una storia, una storia della quale sono protagonisti a pieno titolo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA