Vaccini, salvavita
per ciascuno di noi

Di recente ho vissuto in modo diretto la sofferenza di Margherita, 30anni, figlia di miei carissimi amici: dopo essersi ammalata di morbillo, è stata ricoverata in ospedale, confinata a letto con un carico di disabilità importante. Indirettamente, invece, attraverso il collega ed amico Andrea Biondi ho vissuto il dramma di due bambini affetti da leucemia linfatica acuta: avevano oltre il 90% di probabilità di guarire grazie alla chemioterapia e, in caso di fallimento, alle nuove terapie immunologiche, ma sono morti di morbillo.

Sono questi i primi pensieri che mi attraversano la mente quando sento riaccendersi, come in questi giorni, il dibattito sull’utilità dei vaccini e dell’obbligo vaccinale. I vaccini sono indispensabili. Sono uno dei motivi, insieme all’acqua potabile e agli antibiotici, per cui la nostra aspettativa di vita è passata da 40 a 80 anni. Le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS ) parlano di 2.500.000 di vite salvate ogni anno: se i bambini non muoiono più per difterite, poliomielite, pertosse… non è perché queste malattie sono scomparse, ma perché ci vacciniamo contro di esse. E, ogni volta che cade la sorveglianza vaccinale, ricompaiono.

Da immunologo, il mio primo dovere è ricordare i dati che descrivono lo scenario nel nostro Paese: i ripetuti richiami e il cartellino giallo ricevuto dall’OMS a causa della caduta della copertura vaccinale, ben al di sotto della soglia critica. La segnalazione dell’Italia come luogo ad elevato rischio di morbillo da parte del Centers for Disease Control and Prevention statunitense. E il prezzo - carissimo - pagato per la caduta della soglia vaccinale: oltre 5mila casi di morbillo, il 60% dei quali hanno richiesto un ricovero in ospedale, e 6 bambini morti.

La recente reintroduzione dell’obbligo delle vaccinazioni, prima in Emilia-Romagna e successivamente a livello nazionale, ha funzionato, perché la stragrande maggioranza delle persone si è attivata per vaccinare i propri figli. Non è sorprendente: rispecchia quanto accaduto in California, lo Stato più liberale del Paese più liberale del mondo, dove l’introduzione dell’obbligo per chi frequenta le scuole, dal 2015, ha permesso di elevare la copertura al punto tale da ricostituire l’immunità di gregge. Positivo, quindi, che rimanga l’obbligo vaccinale in Italia. Un obbligo che - mi preme ricordarlo - si è reso necessario per fronteggiare una situazione di emergenza: non lo sarebbe stato se fossimo stati virtuosi come, ad esempio, la Svezia, che ha una copertura vaccinale stabile del 98%.

Mi preoccupa tuttavia che l’autocertificazione per permettere ai bambini l’accesso a scuola si traduca in nuovo calo delle vaccinazioni. Perché se è indubbio che corretta informazione e formazione, intesa come cultura scientifica - del pubblico, dei medici, dei pediatri - sono essenziali, di per sé non sono sufficienti. Lo dimostra il caso di altri Stati come l’Oregon, vicino alla California, dove si è passati dall’obbligo alla semplice diffusione di materiale informativo. E la copertura vaccinale è crollata.

La mia preoccupazione è legata a quanto successo lo scorso anno nel nostro Paese, quando troppi bambini sono morti a causa del morbillo. Ed è legata ai 1.500 bambini malati di cancro, a quelli affetti da malattie croniche del fegato e del sistema emopoietico, o sottoposti ad un trapianto. Insomma, alle persone più deboli della nostra comunità. Vaccinando noi stessi, i nostri figli e nipoti, impediamo ai microbi di circolare e mettiamo in sicurezza anche i più deboli che non possono farlo. E dipendono dall’immunità della comunità. È, questo, il fortissimo valore di solidarietà delle vaccinazioni. Non parlo solo da immunologo, ma anche da nonno di 8 nipoti di età compresa fra i 5 mesi e i 13 anni. Tutti vaccinati. E mentre vaccinavo personalmente uno di loro, Massimo, contro la varicella, pensavo che lo stavo mettendo in sicurezza. Un po’ come quando saliamo in auto con i nostri bambini, li facciamo sedere sull’apposito seggiolino e allacciamo loro la cintura. I vaccini sono una cintura di sicurezza contro le malattie. Per chi si vaccina ed anche per tutti gli altri che non possono farlo, ma hanno lo stesso diritto ad andare a scuola e giocare con i propri compagni.

*Direttore Scientifico IRCCS Humanitas, Docente di Humanitas University

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