Spari in tribunale,poi la fuga verso Carvico
Ergastolo confermato per Giardiello

Condanna all’ergastolo confermata in appello per Claudio Giardiello, l’imprenditore che il 9 giugno 2015 ha ucciso tre persone nel Palazzo di Giustizia di Milano. C’è anche un collegamento con Bergamo: Giardiello, dopo la sparatoria, era diretto nella Bergamasca, perchè voleva uccidere un socio di Carvico, Massimo D’Anzuoni, che non era andato in tribunale. Venne fermato prima, a Vimercate.

La sentenza è stata letta nel pomeriggio dal presidente della Corte d’Appello di Brescia, Enrico Fischetti. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Giardiello durante la camera di Consiglio, durata due ore, ha atteso nella cella di sicurezza dell’aula.

Claudio Giardiello, immobiliarista a processo per bancarotta e poi killer per «vendetta»,aveva deciso di spargere il terrore nei sette piani del palazzo di giustizia di Milano, dove, armato di pistola e con una «freddezza inquietante», aveva sparato tredici colpi, ammazzando tre persone, tra cui un giudice, e ferendone altre due, tra cui suo nipote. Poi era stato arrestato a Vimercate, ad una trentina di chilometri da Milano, dopo una fuga durata quasi un’ora.

Giardiello, 57 anni, originario di Benevento ma residente nell’hinterland milanese, separato e con una figlia, giacca e cravatta «d’ordinanza» e all’apparenza tranquillo, era entrato puntuale verso le 9,30 nell’aula, come un «semplice» imputato per un crac, una delle sei persone coinvolte nel fallimento dell’Immobiliare Magenta, società che Giardiello aveva amministrato fino al 2008. Poco prima, però, aveva già messo in atto parte del suo piano, lucido e determinato: Giardiello, infatti, era riuscito ad entrare da uno degli ingressi del Tribunale, pare quello di via Manara (sarebbe stato anche ripreso da una telecamera), mostrando, questa è l’ipotesi degli inquirenti, un tesserino falso, senza passare per il metal detector e riuscendo a portare dentro una pistola calibro 7.65 e due caricatori pieni. Quando sul banco dei testimoni si stava sedendo Lorenzo Claris Appiani, giovane avvocato ed ex legale di Giardiello che veniva sentito come teste, l’uomo non ha fatto in tempo a giurare di dire la verità che l’imputato, trasformatosi in killer, aveva tirato fuori la pistola e l’ha freddato.

Poi si è voltato di poco a destra per sparare addosso a due coimputati che sedevano in un banco più avanti. Giorgio Erba, 59 anni e titolare di un’altra società, è caduto a terra vicino alla gabbia dei detenuti. Portato al Policlinico in condizioni disperate, è morto in ospedale. A terra, vicino a Erba, è caduto anche Davide Limongelli, 41 anni, nipote di Giardiello e con cui in passato aveva avuto litigi pesanti proprio per la gestione della società immobiliare.

Giardiello è poi uscito dall’aula: fuori nei corridoi il panico e il caos. L’uomo è sceso per una rampa di scale, ha incontrato sulla sua strada il commercialista Stefano Verna, incaricato di occuparsi del fallimento della Immobiliare Magenta, e gli ha sparato ad una gamba. Ha imboccato sempre con estrema decisione un corridoio al secondo piano, appena in fondo alle scale. Doveva far fuori un altro «obiettivo», il giudice fallimentare Fernando Ciampi, che in passato si sarebbe occupato di uno dei «rivoli» del crac dell’immobiliare. Lo ha trovato seduto nel suo ufficio, mentre una collaboratrice era appena entrata per risolvere un problema tecnico al pc. La sparatoria è durata in tutto una ventina di minuti, dalle 10,45 alle 11,05. Poi Giardiello è riuscito a scappare. Verrà arrestato circa un’ora dopo dai carabinieri, dopo una fuga in scooter. «Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato», le prime parole di Giardiello. Se non fosse stato fermato, si sarebbe diretto a Carvico, secondo gli investigatori, per uccidere Massimo D’Anzuoni, suo socio di minoranza che non era andato in tribunale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA