Basteranno
gli ombrelli?

La chiamano la rivoluzione degli ombrelli per dare una centralità all’oggetto che in questi giorni li ha riparati dal sole cocente e dai lacrimogeni della polizia.

Sono gli studenti di Hong Kong, scesi in strada a migliaia per chiedere non l’iPhone 6 o l’ultima felpa di Abercrombie, ma la possibilità di scegliere i candidati alle prossime elezioni della città, da sempre porta della Cina sull’Occidente. O potremmo anche dire sul mondo libero, se non fosse per il dettaglio che i successi dell’economia cinese ci fanno spesso dimenticare le ombre dittatoriali di un regime tutt’altro che democratico.

Il problema non è di semplice soluzione. I ragazzi vogliono scegliere i candidati, il governo di quella che si chiama pur sempre Repubblica popolare ha invece altre abitudini. Liste bloccatissime, candidati blindatissimi, tutto predefinito. Il governatore Leung ha tentato di disperdere la folla con i lacrimogeni della polizia e gli spray urticanti, ma la cosa non ha funzionato: 40 feriti fra i quali 12 poliziotti, 78 arrestati e la gente per strada più di prima, rafforzata dalla presenza di mamme premurose e papà convinti ma un po’ scettici.

Anche il cardinale Joseph Zen, 82 anni, è in piazza con la gente. L’iniziativa si chiama Occupy Admiral, il centro di Hong Kong, e nelle ultime ore la polizia sembra sparita. Il sembra fa tutta la differenza del mondo e nessuno, neppure i più fanatici, crede che sia finita qui. Basta aspettare. In fondo la Cina è grande, la sua saggezza è enorme e il massacro di piazza Tien An Men ha solo 25 anni. In Cina ancora nessuno sa che è avvenuto.

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