Cartellino verde

Cartellino verde. Vuoi vedere che dopo anni di partite vendute, di banane lanciate dagli spalti, di scommesse a perdere, di «opti pobà» dei dirigenti e di doping a colazione, un esempio di rinascita arriva proprio dal calcio?

Venerdì sera in Spezia-Bari di serie B ha debuttato il cartellino verde. Va ad aggiungersi alla collezione cromatica primavera-estate degli arbitri e completa la visione dantesca del mondo: dopo il purgatorio (ammonito-giallo) e l’inferno (espulso-rosso), ecco arrivare il paradiso (premiato-verde).

Il cartellino della bontà verrà delicatamente sventolato sotto il naso del o dei giocatori che durante la partita si saranno distinti per gesti «non ordinari, ma esemplari» di fair-play. Come rinunciare a un gol in fuorigioco o dichiarare cadendo «non è rigore». L’idea del cartellino «verde speranza» non è fine a se stessa, ma fa parte di un progetto strategico nel mondo del calcio per riportare al centro della domenica del pallone il rispetto, la cultura sportiva e la responsabilità sociale. Tre valori che dovrebbero tornare a vagare anche nello sport giovanile, dove i genitori si distinguono per violenze verbali e persino fisiche degne di una banda di teppisti particolarmente feroce.

L’ultimo episodio nella Bergamasca - quella partita di pallavolo a Ponte Nossa - dimostra che i figli sono più saggi dei padri. A loro il cartellino verde, ai genitori quello rosso. La sfida è lanciata. E in un Paese che da sempre ritiene più produttivo essere Franti che Garrone, ci sembra una scommessa seria. Vediamo chi saranno i premiati. E speriamo che all’attribuzione di un cartellino verde poco convincente, in curva non si scateni l’inferno.

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