Chi paga l’orchestra?

«Parziale insuccesso, soppressi servizi ai cittadini». Le parole del presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, sono pietre e arrivano chiarissime ai destinatari seduti in prima fila: il capo dello Stato Sergio Mattarella e i ministri Pier Carlo Padoan, Stefania Giannini e Graziano Delrio

L’occasione è l’inaugurazione dell’anno giudiziario e il tema è la spending review. Ora che la Corte ha scoperto ciò che l’italiano medio aveva intuito da circa un annetto ci sentiamo meno soli, ma non più tranquilli, perché ormai è chiaro che il governo Renzi non ha nessuna intenzione di mettere mano alle forbici per ridurre la spesa pubblica. Il presidente Squitieri, per dirlo, si è aiutato con un arzigogolo lessicale: «Il contributo al contenimento della spesa non è più solo riconducibile a effettivi interventi di razionalizzazione e di efficientamento di strutture e servizi, quanto piuttosto a operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività». Siamo al bizantinismo, ma il significato è uno solo: poche efficienze, troppi tagli ai servizi «che il cittadino può e deve aspettarsi dall’intervento pubblico cui è chiamato a contribuire».

La conferma di questa deriva è nei numeri: nel 2015 il debito pubblico è salito di 33 miliardi, attestandosi a quota 2169 miliardi. E con la stessa tendenza - in barba agli annunci di riduzione - sono aumentate le tasse: a fine dicembre le entrate tributarie sono state di 433 miliardi con un incremento del 6,4%. La morale è sempre la stessa: nessun taglio, più spesa e più tasse. Significa che, come al solito, c’è chi danza e c’è chi paga l’orchestra.

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