Cimitero senza rose

di Giambattista Gherardi

Raccontare di un furto, di questi tempi, non è certo impresa originale. Ogni giorno le pagine del nostro giornale, così come quelle dei social networks, si riempiono di «performances» più o meno particolari.

Raccontare di un furto, di questi tempi, non è certo impresa originale. Ogni giorno le pagine del nostro giornale, così come quelle dei social networks, si riempiono di «performances» più o meno particolari.

A Scanzo i soliti ignoti (ma per una volta sarebbe più adatto ignobili) non hanno preso di mira portafogli, gioielli oppure auto di grossa cilindrata, ma più semplicemente un cuscino di splendide rose bianche. Quelle che una famiglia del paese aveva scelto, una decina di giorni fa, per l’ultimo saluto alla mamma, sepolta nel locale cimitero. Alla fine del rito funebre, il cuscino che segnalava sulla bara l’ultima carezza di chi a quella mamma voleva un sacco di bene, era stato posato vicino alla tomba. Un omaggio certo deperibile, ma carico di un affetto cui nessuno potrà mai dare un prezzo, semplicemente perché non ce l’ha. Pare di sentir echeggiare le parole di un canto popolare caro alla gente bergamasca, Cimitero di Rose, la cui prima strofa ricorda «la mamma mia che riposa tra i fior, i fiori più belli e più profumati…».

Qualcuno ha pensato (se proprio vogliamo credere che abbia un cervello) che quelle rose bianche non dovessero appassire vicino ad una tomba, ma potessero «rinascere» a nuova vita, ovviamente gratis e senza troppo disturbo, vista l’impotenza della legittima proprietaria. Sono forse diventate un regalo galante inaspettato? Non vogliamo pensarlo. Nel cimitero gli ignobili hanno lasciato un mazzetto di fiori rinsecchiti avvolti in sacchetto di plastica, quasi a voler riparare ad un gesto tanto odioso. Ma chi ruba sentimenti può solo vergognarsi.

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