Cultura in bolletta

Chi paga? La domanda non è mai banale e in questo caso la risposta è disarmante: nessuno. Il problema è che stiamo parlando dello Stato, o meglio di come lo Stato sta trattando cinquecento giovani scelti nel 2013 come punte di diamante di una generazione da rivalutare, risarcire, rilanciare dopo averla sotterrata sotto il peso della crisi e della critica (ricordate gli schizzinosi di forneriana memoria?).

Ebbene, nel 2013 Enrico Letta aveva annunciato la svolta epocale: 500 giovani laureati sarebbero stati selezionati per uno stage con lo scopo, si leggeva nel bando, di «inventariare e digitalizzare il patrimonio culturale italiano presso gli istituti e i luoghi di cultura statali». Titolo: 500 giovani per la cultura. Stipendio mensile: 430 euro netti nel periodo di formazione. Critiche diffuse: troppo pochi, tanto che fu coniato l’hashtag #500schiavi. Conseguenze del progetto: da due mesi non ricevono neppure quelli.

La faccenda è imbarazzante perché si tratta di giovani di belle speranze e di uno Stato terribilmente pasticcione. Gli stipendi di gennaio e febbraio non sono stati erogati perché non si sa chi debba farlo, la legge non lo spiega: paga il ministero dell’Economia o quello della Cultura? Nel rimpallo tra uffici che immaginiamo in mano a funzionari con le pianelle ai piedi, la soluzione non si vede.

Negli ultimi giorni il colpo di scena. Il ministero della Cultura ha deciso che a liquidare il dovuto saranno i «Segretariati regionali e gli istituti dotati di autonomia». Problema risolto? Neanche per sogno. Questi ultimi hanno già fatto sapere che non hanno fondi e neppure le specifiche dei conteggi. Così è molto probabile che i ragazzi non verranno pagati neanche a marzo. L’unica cultura che si può affinare al termine di queste storie è quella della fuga.

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