Delitti e felpe

Delitti eccellenti a Mosca, dove Vladimir Putin mostra contrizione per il misterioso assassinio del leader liberale Boris Nemtsov, che politicamente valeva il 3% dei voti ma da morto sta facendo parecchio rumore.

Delitti eccellenti e a senso unico, perché in Russia vengono uccisi con una certa sistematicità gli oppositori di Putin, ultimo in ordine di tempo proprio l’uomo mai stanco di sostenere che «in Russia è in atto una pericolosa regressione della democrazia e delle libertà civili». La conta delle lapidi è imbarazzante: la giornalista Anna Politkovskaja dopo una serie di articoli scomodi (2006), il dissidente Alexandr Litvinenko avvelenato a Londra col polonio 210 (2006), l’avvocato Sergei Magnitsky ucciso in carcere - dov’era finito con l’accusa di frode fiscale - per avere denunciato episodi di corruzione in Gazprom.

Tutti archiviati da Putin con la stessa frase: «Non rappresentavano nessuno, non erano pericolosi per nessuno». Per rimanere ai fatti, nessuno sa chi abbia assassinato Nemtsov, anche se l’agguato è avvenuto a due passi dal Cremlino, con le telecamere di sicurezza sfortunatamente fuori uso per manutenzione. Sottigliezze da Kgb, del quale il presidente russo è stato l’ultimo comandante.

Ora, come in un romanzo di spie, si cerca la donna. Vale a dire la fidanzata di Nemtsov, fuggita (dicono) in Ucraina per non fare (dicono) la stessa fine. Un giallo con i fiocchi. I nostri leader in bermuda avrebbero un buon motivo per non farsi vedere troppo in giro con Putin e tenere nel cassetto le felpe col suo nome. E invece no.

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