Favorisca i documenti

«Favorisca i documenti». Nella storia del costume italiano un riconoscimento comincia così dai tempi di Alberto Sordi vigile. Il problema è ricostruire la vita di chi i documenti non li ha e non ha nessuna possibilità di recuperarli come un migrante clandestino o un profugo. Ma oggi l’emergenza è questa e va affrontata.

Il preambolo ha in sé qualcosa di sociale e molto di politico, perché mentre il terrorismo jihadista minaccia di fatto ogni metropoli dell’Occidente, il nostro Paese ha il dovere di offrire ai cittadini italiani e non (al Bataclan c’erano ragazzi di 12 nazioni) un buon livello di sicurezza. E il problema dei riconoscimenti diventa prioritario.

Detto questo, in Italia la situazione è drammatica. E mentre il premier Renzi sembra convincente quando richiama alla vitalità occidentale e alla solidarietà, lo è molto meno quando tace sull’asfissiante groviglio burocratico che di fatto paralizza i riconoscimenti. I quali, per essere efficaci, devono avere due caratteristiche: la precisione e la velocità.

Ebbene, solo il mese scorso alcuni migranti hanno dovuto inscenare una protesta per far sentire la loro presenza: aspettavano il riconoscimento dello status da un anno. Un anno è un tempo biblico che non rassicura nessuno e che offre il fianco anche alle critiche più strumentali. In un anno un potenziale terrorista ha tutto il tempo per ambientarsi, pianificare, organizzare e colpire. In Germania, una settimana dopo l’arrivo dei profughi siriani, hanno assunto duemila addetti per accelerare le pratiche. Da noi risulta zero. Dovesse succedere qualcosa (Dio non voglia) Renzi avrebbe le guance al vento. E gli italiani potrebbero non riconoscerlo più come premier.

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