Fraternité o sécurité?

«Per il governatore la pancia, per il presidente la testa». È un vecchio motto francese che indica la differenza fra voto regionale e voto nazionale, ma non si sa quanto valga nei giorni del trionfo della dinastia Le Pen. La spallata era nell’aria ed è stata notevole, i francesi hanno urlato la loro disapprovazione, perfino il loro disgusto nei confronti di una classe politica incapace di difendere la République,di proteggere i cittadini e di ordinare su Amazon i libri di Houellebecq.

Idee zero anche sul fronte dei vincitori, ma non è necessario; per prendere voti nel segno dell’indignazione, basta appunto l’indignazione. Rinchiusa nei palazzi del potere, la generazione Hollande (e Sarkozy) ha capito poco delle periferie, degli immigrati, delle tensioni religiose e sociali, di quel mondo definito scioccamente «racaille» (feccia) dal secondo e del tutto ignorato dal primo in nome della laicité nell’ossessiva interpretazione francese, fino alle conseguenze del Bataclan e dell’urna. Nelle dinamiche di voto ha avuto peso un altro caposaldo transalpino, il quarto principio rivoluzionario dopo Liberté, Fraternité, Égalité.

Si chiama Sécurité ed é decisivo dal 2002, quando Le Pen padre eliminò il socialista Jospin dalla corsa all’Eliseo per poi fermarsi davanti a Chirac e al secondo motto-salvagente della sinistra alla deriva: «Mieux l’éscroc que le fachò», meglio il ladro del fascista. Per molti elettori la Sécurité è diventata il valore più grande in una società multirazziale e liquida in cui se si incontra qualcuno «in una strada poco illuminata/ non si sa se aspettarsi un sorriso/ o una coltellata» (Giorgio Gaber). È sbagliato, è perdente, è miope. Ma è così. Almeno in Francia, dove per affermare il principio della Sécurité si va verso lo smantellamento degli altri tre.

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