Fumo di Londra

«Gli inglesi sono un popolo di bottegai» (Napoleone Bonaparte). Se così fosse voterebbero con il portafoglio e non con il cuore, quindi la permanenza in Europa sarebbe certa. Ma non è così, perché l’esercito di euroscettici che da qualche giorno è in vantaggio nei sondaggi ritiene di avere concreti motivi per sganciarsi definitivamente da Bruxelles.

Alcuni sono reali (come mandare a casa Cameron, il peggior primo ministro dell’ultimo mezzo secolo), altri sono per così dire fantasiosi. Due giorni fa una parlamentare, Sarah Wollaston, è passata da antieuropeista a europeista per protestare contro la bufala dei 350 milioni di sterline la settimana (420 milioni di euro) come gabella di Londra alla Ue.

Una sparata che piace, come la leggenda metropolitana diventata virale su Facebook e Twitter, secondo cui «il Padre Nostro ha 66 parole. I Dieci comandamenti 179 parole. Il discorso di Gettysburg 286 parole. Il regolamento della comunità europea sul commercio dei cavoli 29611 parole». Il problema è che il senso è condivisibile e la burocrazia di Bruxelles è ritenuta perfino peggiore di quella italiana. Solo l’8 per cento degli economisti ritiene che il Brexit migliori le condizioni economiche del Paese, mentre il 76% è convinto che peggioreranno.

Eppure il 58% degli anziani e il 52% di operai e disoccupati vuole andarsene. I giovani (60%) e i colletti bianchi (62%) voterà per restare. Il problema è essenzialmente inglese perché scozzesi e irlandesi sono dichiaratamente europeisti, anche solo per un atavico senso di rivalità con Londra. Il 23 giugno sapremo. Se Napoleone avesse vinto a Waterloo il problema non esisterebbe.

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