Hanno un nome

Si potrebbe fondare il club degli Evasori anonimi. Basterebbe prendere gli ultimi dieci report della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate e metterli tutti dentro una cartelletta. Con storie, meccanismi truffaldini, tentativi di smaterializzarsi davanti al Fisco. Ci sarebbe tutto, tranne i nomi.

Per rimanere nel perimetro della concretezza, da gennaio a maggio le fiamme gialle hanno smascherato 3.300 evasori totali e 840 società fantasma più 220 signori che trasferivano indebitamente all’estero i loro redditi societari. Tutto questo movimento nel mare ribollente dell’illegalità ha creato un danno erariale di 2,3 miliardi che - solo per specificare - sarebbero soldi della collettività. A fronte di ciò sono stati sequestrati patrimoni per 300 milioni.

Le cifre sono significative, le storie spesso immaginifiche. Ma con grande rispetto e umiltà riteniamo che sarebbe finalmente utile aggiungere a questo tipo di notizie un dettaglio (sempre omesso) e tutt’altro che insignificante: i nomi. Lo diceva anche Umberto Eco nel Nome della rosa: «Nomina nuda tenemus». E se ci sembra doveroso omettere le generalità degli indagati per furto al supermercato (magari perché avevano fame) facciamo fatica a comprendere perché le 22 persone o società che ogni giorno provano a tradire un contratto sociale per arricchirsi alle spalle della collettività debbano restare senza nome.

È vero che la Corte Costituzionale ha fatto calare un velo di privacy su questi elenchi e su questi personaggi. Ma per il bene comune e per cominciare a ottenere risultati concreti sarebbe utile conoscerne i volti. Per certi campioni non c’è miglior deterrente della vergogna.

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