Il bimbo o il cane

Però gli applausi no, quelli se li potevano risparmiare i passeggeri di quell’aereo di stressati.

La storia che sta dividendo in due l’America è semplice e spiazzante: Giovanni Alvarado, sette anni, stava tornando da Washington a Phoenix con papà e mamma. Salito sul volo prenotato, ha cominciato a starnutire per un attacco di allergìa ai peli di animali e non smetteva più. Il problema era un cane, a bordo con il suo padrone come prevede la regola della compagnia aerea. I genitori del piccolo Giovanni non sapevano dell’allergìa del figlio ed erano per così dire concentrati su qualcosa di ben più importante: il papà George ha un tumore allo stato terminale, viaggia sulla sedia a rotelle e quella gita a Washington era stata il suo ultimo desiderio.

Poiché l’attacco allergico non si placava, al responsabile del volo non restava che una scelta: far scendere dall’aereo il bambino e i suoi genitori o far scendere il cane. Problemino da niente. Fossimo stati al suo posto, conoscendo l’ipersensibilità della nostra società, saremmo scesi noi. Invece il dirigente della Allegiant ha deciso di sbarcare la famigliola perché «è del tutto legale trasportare animali e sopra ogni volo ci può essere un cane». Ma la scena più imbarazzante della storia è avvenuta all’annuncio della soluzione: gli altri passeggeri, in annoiato stand by, alla notizia si sono messi ad applaudire. «Mio figlio era molto triste - ha spiegato il papà -, si sentiva in colpa per la tosse, poi è scoppiato a piangere». Peccato. Siamo così devastati dall’urgenza di mettere like dappertutto che non ci rendiamo conto quanto sia inutile (e talvolta dannosa) la nostra allegra approvazione a tutto.

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