Il buco di Roma

C’è una voragine al centro di Roma. Tre giorni dopo la presentazione in pompa magna del progetto del nuovo stadio trasparente, si scopre che alcuni conti pubblici lo sono molto meno: la capitale rischia un buco da 350 milioni e lo Stato (quindi il contribuente) è in lieve fibrillazione al pensiero di doverli ripianare.

La vicenda è a suo modo semplice. Secondo la ragioneria del ministero delle Finanze, lo stipendio integrativo pagato dal Comune ai suoi dipendenti era illegittimo. Detta così è facile, ma i numeri la fanno diventare complicata: 24.000 stipendiati, illegittimità dal 2008 al 2013. Risultato, la voragine. Va detto che in tutto questo il sindaco Ignazio Marino ha ben poche responsabilità, poiché il periodo riguarda la gestione di Gianni Alemanno, che - fra incarichi ai parenti, occhi chiusi sul malaffare, deficit dell’azienda trasporti e adesso gestione amministrativa - si conferma essere stata molto allegra.

Se ai 350 milioni di stipendi non dovuti aggiungiamo gli 850 milioni di crediti dichiarati inesigibili (e quindi tolti dalla contabilità) oltrepassiamo il miliardo di deficit che rimette Roma nelle stesse condizioni della Grecia rispetto a un default prossimo venturo. Poiché un anno fa fu proprio il governo Renzi a dare respiro alle casse capitoline con i 500 milioni di «Roma capitale», dobbiamo concludere che si sta cercando di svuotare un mare (di debiti) con un bicchiere. Forse per questo lo stesso premier ha sibilato contro il sindaco la frase: «Marino si guardi allo specchio, oltre che onesti bisogna essere capaci». La voragine è li da guardare. Eppure c’è chi pensa alle Olimpiadi del 2024.

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