Il cavallo di Tsipras

Una spiaggia incantevole e deserta, un monastero bianco scavato nella roccia, la conca di Santorini e quell’acropoli, ad Atene, che rappresenta il museo dell’Occidente. Chi non ama la Grecia?

Umanamente nessuno può rimanere insensibile al fascino eterno del blu dell’Egeo, e il preambolo è fondamentale per dare un contesto al resto. È la stessa Grecia che a fine mese dovrà dire al mondo se ha intenzione oppure no di cominciare a ripagare i debiti contratti negli ultimi tredici anni. Quattrocento miliardi di euro (all’Italia ne deve 40), trattative estenuanti, le pantomime del ministro motociclista Varoufakis che pretendeva di raggirare l’Europa e poi di ricattarla col registratore acceso sotto la scrivania. Siamo partiti da lì e siamo di nuovo lì; un Paese che rappresenta il 2 per cento del pil dell’Unione europea è eternamente al centro dei dibattiti internazionali e - soprattutto secondo gli economisti della Casa Bianca -, può rischiare di far saltare ancora una volta gli equilibri economici di mezzo mondo.

C’è un dettaglio decisivo: il problema della Grecia è la Grecia. Scegliendo la lista Tsipras, i greci hanno chiaramente detto di non volere altri sacrifici, non volere altri tagli, non volere modernizzazioni, e in buona sostanza non volere ripagare i debiti. O come minimo non sapere da che parte cominciare per farlo. Contestualmente, poiché la spesa pubblica continua ad essere altissima, sarebbero pure contenti se l’Europa elargisse nuovi prestiti. Lo diceva Laocoonte sotto le mura di Troia: «Non fidatevi dei greci neppure quando recano doni». Figuriamoci un cavallo di legno.

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