Il senso dello Stato

Il senso dello Stato è un concetto solenne e impegnativo. Il senso dello Stato di cui parla il presidente della Camera, Laura Boldrini, è qualcosa di importante che dovrebbe risuonare dentro ciascuno di noi.

Ma che, per essere riconosciuto, deve avere un motore come l’esempio. E il senso dello Stato trasmesso dai dipendenti della Camera in rivolta non è propriamente alto e nobile. Mentre il Paese fuori dal Palazzo fatica a chiudere in pareggio il mese, i funzionari e i commessi di Montecitorio sono in rivolta perché non vogliono aderire al nuovo tetto degli stipendi, che passerebbe da 351 mila euro all’anno a 240 mila, adeguato a quello del presidente della Repubblica. Per dire, il premier guadagna centomila euro di meno di un capo-commesso.

Ora, il livello di retribuzione rimane altissimo e la spending review prevede che questa operazione possa portare un risparmio di cento milioni di euro l’anno per le casse dello Stato. Non si risolverebbero i problemi del deficit, ma il segnale di adeguamento sulla strada del risparmio sarebbe chiaro e forte.

Contro il progetto, peraltro già esecutivo e quindi poco riformabile, si stanno schierando le 25 sigle sindacali che rappresentano funzionari e dipendenti (un record). Criticare questa serrata non significa «gettare fango sulle istituzioni» come pensa la Boldrini, ma chiedere ai protagonisti di guardare in faccia la realtà.

In ogni casa americana c’è una bandiera a stelle e strisce, in ogni casa inglese c’è una foto dei reali, in ogni casa italiana c’è una cartella di Equitalia. Il senso dello Stato dipende molto anche dallo Stato.

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