Il Seveso
e l’Expo

Il Seveso non è il Mekong e neppure il Rio delle Amazzoni, quindi sarà interessante assistere alle reazioni dei delegati asiatici e brasiliani quando decideranno di passeggiare per i quartieri di Milano durante l’Expo 2015 come sta facendo in questi giorni. E ci sono tutti i presupposti perché ciò accada, considerate le piogge torrenziali d’autunno che sono diventate gemelle (per intensità ed effetti) con quelle di primavera e d’estate.

Allora i delegati si domanderanno come mai un Paese che ha stanziato un miliardo e 700 milioni per la fiera mondiale non abbia accantonato alcuni spiccioli o non abbia destinato minima parte del finanziamento a un’opera accessoria che avrebbe evitato l’imbarazzo: la messa in sicurezza del fiume in libera uscita da 30 anni.

Il programma Italiasicura, la struttura di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, è pronto a partire. Ma con la superficialità di cui andiamo giustamente famosi, il cantiere aprirà nel giugno del 2015, in pieno Expo, e si concluderà entro il 2016, a manifestazione finita. In modo che tutto il mondo, ma proprio tutto, possa direttamente trasferirsi dai padiglioni galattici al quartiere Isola, alla stazione Garibaldi, alla Maggiolina a fotografare qualcosa di assolutamente caratteristico: l’effetto palafitta nella città più industriale d’Italia.

Per Expo si è finanziato di tutto, ma quella che viene definita «la grande rimozione» ha colpito anche qui. A fiumi rientrati, ad alluvioni finite, da 30 anni si scrollano le spalle e si attende la prossima. Programmare è considerato un insulto.

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