La bandiera sbagliata

Che senso ha sparare a una bandiera? Prigionieri dei simboli più di ogni altro (forse perché in duecento anni di storia ne hanno collezionati pochi), gli americani hanno dichiarato guerra alla bandiera confederata. Il vessillo del Sud schiavista che perse la guerra di Secessione - e che rappresenta solo un cimelio cromaticamente affascinante per collezionisti - è entrato nel mirino di chi pensa bene.

E ciò è avvenuto dopo la strage di Charleston, dove un ragazzo di 21 anni parecchio disturbato (diceva di voler cominciare così la sua guerra civile) ha ucciso a colpi di pistola nove afroamericani mentre pregavano in una chiesa metodista. Due giorni fa la governatrice della South Carolina, Nikki Haley, ha chiesto di far rimuovere la bandiera sudista da tutti i luoghi pubblici e di vietarne l’esposizione in pubblico perché «è parte integrante del nostro passato, ma non rappresenta il nostro futuro e il fatto che abbia provocato dolore a molti è sufficiente».

Subito Google, Amazon e Ebay l’hanno tolta dai loro store digitali. In un eccesso di zelo che certamente moltiplicherà le polemiche è stata presa in considerazione l’ipotesi di non ripubblicare più il celeberrimo libro di Margareth Mitchell «Via col vento». Non ci sono ancora pronunce sulla proiezione del film con Clark Gable e Vivien Leigh. Pur dando il giusto peso al condizionamento evocativo dei simboli, ci sembrano conseguenze irrazionali di una terribile strage che ha ben altre cause. Prima fra tutte quella pistola carica regalata al killer Dylan Roof dai genitori per il compleanno. Finché negli Stati Uniti si potrà comprare un’arma con la stessa facilità di un dopobarba, la soglia della pubblica sicurezza continuerà ad essere minima. E l’unica a garrire al vento sarà la bandiera della violenza.

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