La carica dei 63.000

Il decreto è firmato, arriva il Concorsone. Tra gli affari amministrativi da sbrigare mentre il Paese si occupa di smog e di botti di San Silvestro, ecco il via libera del governo al reclutamento nel prossimo triennio di altri 63.712 insegnanti.

Più di ventimila all’anno, un esercito che dovrà per forza trasformare la Buona Scuola di Renzi in una Scuola come minimo Ottima se non Perfetta. L’impegno è enorme - tre miliardi di euro già finanziati con la legge stessa - e dopo le auguste firme del ministro Madia (Funzione pubblica, quella che gestisce la marea) e del ministro Padoan (Economia, quello che paga per conto del contribuente) il bando è previsto per fine gennaio.

Si conclude così la campagna renziana di riforma dell’istruzione italiana, una delle più imponenti degli ultimi decenni, anche perché centomila precari sono stati e saranno stabilizzati fuori dal Concorsone. Tramortiti da simili numeri ci domandiamo sommessamente tre cose con il dovuto rispetto. La prima: sono davvero indispensabili altri 63.000 dipendenti pubblici in un panorama che, almeno ai distratti come noi, suggerisce una certa opulenza strutturale? La seconda: perché a fronte di un simile trattamento di favore, fino alla settimana scorsa il mondo della Scuola più vicino ai sindacati era in piazza a protestare come se - invece che assumerli - i 163 mila totali dovessero essere licenziati? La terza: siamo proprio sicuri che qualcuno invece che alla cattedra non sia destinato, come si dice nel calcio, a rimanere in panchina? Più che il parere del premier Renzi sarebbe interessante conoscere quello della moglie, insegnante di italiano e latino. Part time.

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