La cascata multata

La cascata fa troppo rumore e l’ordine parte perentorio: «Multatela». Sembra un capitolo perduto di «Alice nel paese delle meraviglie» e ritrovato dietro un mobile chippendale. Sembra la conversazione fra il coniglio col panciotto e la lepre marzolina. Insomma, sembra un delirio.

E invece nel nostro Paese in declino accade anche questo e la burocrazia scatenata comincia a divorare se stessa con effetti tragicomici. Hanno multato una cascata, è accaduto a Bellano, il luogo magico dove Andrea Vitali ambienta i suoi romanzi sul lago di Como.

Il proprietario di un’abitazione prossima all’Orrido di Bellano ha denunciato all’Arpa il rumore dell’acqua, evidentemente in questo periodo copiosa. Si potrebbe preliminarmente obiettare che il fenomeno naturale esiste dall’inizio del mondo e che una casa costruita vicino a una cascata comporta qualche fastidio, ma si sa che sarebbe inutile in una società nella quale la carta dei diritti sembra l’elenco telefonico di New York e quella dei doveri il ticket del parcheggio.

Il tecnico dell’Arpa ha fatto il sopralluogo, ha certificato che il rumore superava i decibel di legge come se si trattasse di un laminatoio o di un aeroporto e ha elevato contravvenzione di 700 euro al Comune di Bellano.

Ma il Comune di Bellano non è proprietario della cascata, quindi non ha facoltà di aprire e chiudere il rubinetto a piacimento (sempre che si possa). Il destinatario del bollettino di pagamento avrebbe dovuto essere la Regione, che è anche l’ente dal quale dipende l’Arpa.

A meno che il Comune non sia stato multato perché non ha realizzato pannelli fonoassorbenti vicino alla cascata. Ricorsi, carte bollate, lettera accorata a Renzi. Inutile continuare, l’avete capito, è un Niagara di assurdità.

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