La spina di Tito

Lui ci riprova. Poiché le due precedenti invocazioni erano cadute nel vuoto, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha battuto il terzo colpo sulle pensioni, nella speranza che Renzi ascolti. «In passato sono state fatte concessioni eccessive. Sarebbe opportuno chiedere un contributo di solidarietà per i più giovani a chi percepisce importi elevati da molto tempo».

Una locuzione educata per tornare a illuminare un sottobosco come quello dei baby pensionati. Concessioni eccessive? Per la verità trattasi di concessioni deliranti dispensate negli anni Settanta dalla Prima Repubblica (firmatario fu il governo Rumor). Allora una dipendente pubblica con figli andava in pensione dopo 14 anni 6 mesi 1 giorno, gli statali dopo 20 anni e i dipendenti degli enti locali dopo 25. Ne approfittarono in tanti, anche perché la prospettiva era quella di vivere per 30-40 e anche 50 anni da pensionati, ricevendo molto più di ciò che era stato versato (fino al 300%), seduti sulle spalle della collettività. Allora la spesa era sostenibile, ora non più. I 538.000 baby pensionati oggi costano 9,5 miliardi all’anno a uno Stato che fatica a dare una prospettiva accettabile a una generazione di giovani. Boeri ha ragione, ma anche questa volta nessuno lo ascolterà, per più motivi. Cinquecentomila voti fanno gola a tutti. La metà vive in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia, quindi la Lega anti-Fornero non solleva il caso; in passato il più fiero oppositore fu Bossi, che aveva una baby pensionata in famiglia, la moglie Manuela. Anche il Centrosud ha i suoi campioni: Tonino Di Pietro e Leoluca Orlando. Perfino Adriano Celentano e Cesare Romiti godono della baby pensione. Ultimo, decisivo motivo: la Corte Costituzionale, sempre sensibile all’intangibilità dei diritti acquisiti, boccerebbe tutto.

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