Lancio del peso

Nella campagna elettorale di Roma è entrato di tutto: mafia capitale, la Ferrari di Marchini, la funivia della Raggi. Mancavano le olimpiadi e infatti sono arrivate. Anzi hanno fatto irruzione nella corsa ai ballottaggi con la leggerezza del lancio del peso. Il premier Matteo Renzi: «Se vincono i grillini ho la sensazione che non si faranno».

Il presidente del Coni, Giovanni Malagò: «Se non c’è un sindaco favorevole la candidatura non può andare avanti, anche se il 77% dei romani le vogliono». L’ottavo re di Roma, Francesco Totti: «Io sono sempre a favore delle olimpiadi nella mia città». Il presidente del comitato promotore dei Giochi, Luca di Montezemolo, è il più lapidario di tutti: «Se vince la Raggi saremo costretti a ritirare la candidatura per Roma 2024».

Entrate a gamba tesa che lasciano perplessi per due motivi. Il primo è l’utilizzo strumentale e a orologeria di un tema che non è fra le prime cinque priorità della città eterna, travolta in questi anni da ben altro: debiti, trasporti, rifiuti, pesanti infiltrazioni malavitose negli enti pubblici, qualità della vita in caduta libera. Il secondo motivo è il fin troppo scoperto tentativo di tirare per la giacchetta i romani incerti o direttamente Virginia Raggi (quindi Grillo) ad ammorbidire diffidenze antiche verso i giochi del 2024. Peraltro ancora di là da venire perché le altre candidate si chiamano Parigi, Los Angeles e Budapest.

I 5,3 miliardi di investimenti pubblici sulle olimpiadi fanno certamente gola a molti e i 170 mila posti di lavoro promessi non sono pochi. Ma se pensiamo che i debiti di Italia 90 li abbiamo dovuti ripianare fino all’anno scorso (ultima tranche 61 milioni), qualche dubbio viene anche a noi.

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