Lo swing di Giuseppe

Nella foto, con i lunghi capelli incolti e il pizzetto, sembrava un Gesù risorto. Aveva un sorriso malinconico come se già intuisse il suo destino, Giuseppe Girolamo da Alberobello, trent’anni, che lasciò i trulli per rincorrere il sogno di diventare musicista.

La vita è fatta a scale, e a lui venne proposto di salire i primi gradini su un transatlantico da crociera, batterista nella band di bordo. La paga era buona, lo swing fluiva facile; niente a che vedere con la Carnegie Hall ma meglio di un piano bar. Il problema era uno solo: la nave si chiamava Costa Concordia. La notte del naufragio fra la gente che scappava e il panico che entrava nel sangue, Giuseppe Girolamo si trovò a due passi dalla scialuppa di salvataggio con un posto solo libero, il suo. Dietro di lui c’era un bambino, non poteva non lasciarglielo. E lo fece. Mentre il comandante Schettino scappava a gambe levate, il batterista di bordo decideva di rischiare la vita per salvare quel bambino sconosciuto.

Giuseppe Girolamo sarebbe morto, una delle 32 vittime del naufragio davanti al Giglio. Lo trovarono due mesi dopo in fondo al mare, lo seppellirono e il nostro Paese se ne dimenticò. Fino a quando, un anno fa, il suo amico Antonio Nisita, insegnante di Portici, non fece questo ragionamento. «Non ce la faccio a vedere Schettino distribuire autografi e fare interventi nelle università mentre di Giuseppe nessuno parla. Nonostante abbia offerto il massimo esempio di solidarietà, cioè dare la propria vita per salvare un bimbo, è un eroe silente e senza voce». Ha raccontato la storia sul web, ha raccolto centomila firme, ha chiesto alle istituzioni una medaglia d’oro al valor civile per il musicista che con il suo sacrificio ha contribuito a restituirci la dignità. Sta aspettando, e noi con lui.

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