Lo swing
del minatore

Per lui Natale non arriva solo domani, ma tutti i giorni. Si chiama Carlo Cani, di Santadi, Sardegna, in pensione dopo 35 anni di anzianità da minatore virtuale: 13 anni di cassa integrazione e il resto in malattia

In pratica non ha mai lavorato. Lo ammette lui stesso: «Là sotto stavo troppo male, sin dall’inizio io e il carbone non abbiamo legato». Miniere del Sulcis, ti aspetti sacrifici, schiena spezzata per una paga da fame, fatiche improbe nel sottosuolo dove il buio e l’umidità mordono una vita agra. Ti aspetti anche l’epopea di Cronin, il valore delle mani piagate e del cuore grande, la necessità di crescere figli che sappiano emanciparsi e guardare le stelle.

Ma Carlo Cani tutto questo lo ha letto nei libri. Ha fatto in tempo a ricevere la tuta, il casco con la pila e l’attrezzatura. Un paio di discese, qualche capogiro e la diagnosi: claustrofobìa. «Era impossibile farcela, mi mancava il respiro. così andavo dal medico - ha raccontato alla Nuova Sardegna - e mi inventavo di tutto. Amnesie, dolori, persino emorroidi, camminavo sbandando come fossi ubriaco. Avevo sempre un pollice gonfio o un occhio pieno di polvere. Impossibile lavorare, i medici capivano». E i sindacati non vedevano.

Così fu destinato a un compito più leggero: pulire le aiuole della sede. Ma Cani lo assolse solo per qualche giorno: «Non stavo bene». In compenso non si è perso un festival del jazz, la sua vera passione. Suona il sax e a Santadi è conosciuto come Charlie Dogs. Poiché il minatore è un lavoro usurante, il nostro eroe ha avuto anche lo scivolo e adesso è felicemente in pensione. Che swing. E che Paese.

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