Meno tasse, più fiducia

Si avvertono in Italia refoli di ripresa. Non vorremmo essere troppo ottimisti, ma un po’ siamo stanchi del pessimismo cosmico del mondo dei media e un po’ riteniamo che in questo inizio di 2105 si stiano concretizzando i presupposti perchè l’inversione di tendenza si consolidi.

Le riforme stanno venendo avanti, 98.000 posti di lavoro sono stati occupati (meglio di niente, meglio che perderli), due indicatori come quello delle compravendite immobiliari e dell’erogazione di mutui sono tornati ad avere il «più» davanti.

A livello internazionale, il prezzo del petrolio è crollato e questo rende più favorevoli gli scambi commerciali, gli Stati Uniti hanno ricominciato a correre, il resto d’Europa si appresta a trarre beneficio dal fiume di denaro pompato nelle casse delle banche dalla Bce di Mario Draghi per dare un impulso decisivo alla crescita. Dopo otto anni nei quali il colore dominante era il grigio e il sole aveva lasciato il posto al buio più fitto, ecco che si rivede una luce in fondo al tunnel. Questa volta potrebbe non essere «il fanale del treno che ci sta venendo addosso», come aveva amaramente commentato nel 2009 Warren Buffett alla fine della crisi dei subprime, ma all’inizio di quella successiva e devastante dei debiti sovrani. Tutto ciò per dire che mancano ancora due fattori per la ripresa: l’abbassamento delle tasse (in Italia siamo al 48%, una follia) e la fiducia. Nella convinzione - vero signor Renzi? - che mettendo mano alla mostruosa spesa pubblica per ridurre le prime, improvvisamente lieviterà anche la seconda.

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