Mister Marshall al Sud

Tira aria di piano Marshall mascherato, quindi vale la pena parlarne.

Intendiamo per il nostro Sud, che la settimana scorsa è stato riscoperto dai media come problema (ma va’?) dopo i rapporti Censis e Svimez che lo illustrano con parametri sociali e di sviluppo persino inferiori alla Grecia. Lo schiaffo ha raggiunto il Palazzo e da quel giorno tutti si agitano per mettere in agenda il tema e trovare una soluzione che la Prima Repubblica non era riuscita a concretizzare con mezzo secolo di assistenzialismo (equivalente in euro a 140 miliardi).

Che fare? I sindaci più in vista del meridione minacciano la rivolta fiscale, quello di Napoli - masaniello De Magistris - ha aggiunto: «Le tasse dei napoletani restino qui». Tutto ciò conferma che nel dibattito c’è molto cuore e poca lucidità, poiché in quelle regioni la quota di evasione fiscale è già altissima e senza i soldi dello Stato la città di Napoli (che ha debiti per un miliardo e non riesce a riscuotere neppure le multe per divieto di sosta) sarebbe fallita da tempo. Secondo l’Istat, fra entrate fiscali e spese pubbliche, il Nord ha un saldo attivo del 17% del pil, il Centro un attivo del 2,4%, il Sud un passivo del 17%. A fronte di tutto ciò le proposte che avanzano sono molto pericolose: tagliare le tasse solo in quelle regioni o istituire il salario minimo garantito solo nel Meridione. Così fosse, si tratterebbe di assistenzialismo mascherato, un eterno (e fallimentare) ritorno del sempre uguale. Andare in questa direzione sarebbe devastante per l’intero Paese e una manna elettorale per Salvini. Il Sud ha bisogno di legalità, credibilità e un progetto serio di sviluppo che passi dalla competitività. Tutto ma non la Cassa del Mezzogiorno, please. Abbiamo già dato.

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