All’ Opera di Roma
«Nessun dorma»

Il coro ha cantato e l’orchestra ha suonato. Il momento più significativo e colorato del corteo della Cgil è stato il «Nessun dorma» degli orchestrali licenziati dall’Opera di Roma, che negli scorsi mesi si erano segnalati più per gli scioperi, le interruzioni delle prove, i rifiuti delle tournée che per la cristallina purezza delle melodie. A tal punto da riuscire a far scappare il maestro Riccardo Muti, un’icona della musica italiana.

Lo show-down che ne è conseguito (182 licenziamenti) ci era parso esagerato fin dall’inizio, anche perché il sindaco Marino non ha nell’equilibrio diplomatico la sua miglior dote. Certo è che un’azienda in rosso per 13 milioni con una produttività al lumicino e con un simile, continuo terremoto sindacale sotto il pavimento, farebbe fatica a mantenere la serenità anche se il consigliere delegato si chiamasse re Salomone. Il coro ha cantato e l’orchestra ha suonato, regalando emozione.

Sono gli stessi orchestrali che percepivano dai 47 mila ai 70 mila euro all’anno escluse le indennità. Vale a dire l’indennità Caracalla quando suonavano alle omonime Terme, l’indennità video se lo spettacolo viene ripreso dalle telecamere, l’indennità di trasferta, l’indennità sinfonica (se il concerto è in forma non scenica), l’indennità umidità (se si suona all’aria aperta), l’indennità frac (se è necessario l’abito scuro), e l’indennità strumento, la più curiosa, come se il violinista dovesse ottenere una maggiorazione quando suona il violino. Per i coristi non va dimenticata l’indennità di prestazione fisica, che scatta ogniqualvolta il regista chiede di muovere la testa a ritmo di musica. Hanno suonato sul palco della Cgil mentre un mondo di precari li ascoltava. Nessun dorma.

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