Pantano capitale

L’ultimo metrò. Il titolo di un grande film per un lungo addio, quello della linea C della metropolitana di Roma, destinata a non arrivare mai al capolinea di piazzale Clodio.

È un altro tassello che crolla dal mosaico che aveva costruito Ignazio Marino, e prima di lui Gianni Alemanno, e prima di loro Walter Veltroni e Francesco Rutelli che oggi fanno finta di non aver avuto nessuna responsabilità nel minare le fondamenta della Città eterna, eternamente in modalità stand-by.

La notizia di ieri è una mazzata. Le quattro imprese che dal 2005 stanno provando a realizzare l’opera alzano bandiera bianca. Vantano duecento milioni di euro di crediti dal Comune di Roma e non hanno intenzione di rischiare un bagno di sangue più grande di questo. La terza linea del metrò doveva costare tre miliardi e 47 milioni per tutto il percorso, ma solo la prima tratta fin qui realizzata (un terzo) pesa sulle case del Campidoglio per tre miliardi e 739 milioni. Una voragine enorme dovuta a scavi supplementari, varianti in corso d’opera, fermi imprevisti. Sembra che tutto ciò sia ancora poco per giustificare la montagna di denaro, tanto è vero che l’Anticorruzione e la magistratura hanno aperto più di un’inchiesta. «Il Comune è inadempiente», dicono Vianini, Ansaldo, Astaldi e Lega Coop che vinsero la gara. E annunciano che il 15 dicembre fermeranno i lavori. Così tutto va a rotoli e la stazione San Giovanni, che avrebbe dovuto essere pronta per il Giubileo, verrà finita - se va bene- molto dopo. È la stessa Roma che vorrebbe le Olimpiadi. Ma che il progetto sarebbe naufragato s’era capito dal nome del capolinea di partenza: Pantano.

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