Se la politica spara

La politica spara. Qualche volta fesserie, e lo sappiamo ormai da mezzo secolo. Qualche altra spara e basta.

È il caso del nuovo candidato di Forza Italia a consigliere comunale di Milano, quel Francesco Sicignano, pensionato di 65 anni, che la notte del 20 ottobre a Vaprio d’Adda ha ucciso un ragazzo albanese mentre stava tentando di entrare in casa sua per derubarlo. Un proiettile nel petto del ladro gli ha procurato l’accusa di omicidio volontario da parte della magistratura e il consenso di molti concittadini esasperati dalla microcriminalità, per i quali la legittima difesa non è mai in eccesso.

Oggi Sicignano scende in campo nella squadra di Silvio Berlusconi, ennesimo esempio di una politica che si allontana dalle idee e si consegna alle emozioni. Prima furono gli avvocati, poi i medici, poi i magistrati, fino ai giornalisti, alle soubrettes, agli showmen, ai calciatori. Qualche scranno l’hanno occupato anche ex terroristi. Oggi tocca al pensionato con la pistola. Nessuna critica preventiva, però vogliamo riflettere sul percorso del tutto casuale di una vocazione. La sera prima di quello sparo nel buio, Francesco Sicignano faceva parte della cosiddetta società civile. Con una sola (inquietante) bizzarria: dormiva da sette anni con una pistola carica sul comodino. Ora, fra un’udienza e l’altra, chiederà il voto agli elettori per entrare in Consiglio comunale a Milano. «Spero che questo gruppo mi aiuti a portare avanti certi valori». Così, tra paura dei ladri, spari, valori da definire e un omicidio metabolizzato nei talk show si fa largo una banale domanda: ma come li scelgono i candidati?

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