Senza energia

Non nel mio giardino, tantomeno sulla mia spiaggia. E non si immagini neppure di poterlo fare sulle mie onde. Così, la sensibilità ecologico-chic si è impadronita delle nostre anime e non esiste business che tenga: non vogliamo energia, non vogliamo petrolio, non vogliamo gas, non vogliamo niente. Solo panorami agresti e orizzonti vergini. Un Canada infinito.

E sarebbe giusto così, con tutti gli scempi perpetrati negli ultimi 50 anni, se non fossimo letteralmente schiavi delle comodità. Al primo blackout energetico ci scandalizziamo e se va via la luce durante la partita di calcio siamo capaci di inenarrabili nefandezze.

Il problema ha un risvolto pratico: dieci regioni d’Italia bagnate dal mare si apprestano, in primavera, ad allestire un referendum per abolire la possibilità di estrarre petrolio e gas fino a 12 miglia nautiche (vale a dire nelle acque territoriali). Oltre a questo, Puglia e Abruzzo si preparano ad alzare muri di carte bollate davanti al Tar per bloccare il passaggio e l’arrivo del gasdotto Trans-Adriatico. Oltre a questo, la Soprintendenza ai Beni paesaggistici della Basilicata ha dato parere negativo al progetto di estrarre petrolio nel sottosuolo della regione, visto che è l’unica zona italiana che ne ha. C’è poi il tribunale di Messina che ha sequestrato un pilone del nuovo elettrodotto fra Sicilia e Calabria, con un danno stimato dalla Terna in 600 milioni di euro. La strategia di attenzione e controllo è legittima e persino auspicabile. Ma è giusto sapere che la ricerca di fonti di energia interne potrebbe ridurre la nostra dipendenza dagli altri Paesi, che oggi è all’88%, con una media europea al 53%. Senza contare i posti di lavoro e le quote di utili che rimarrebbero sul territorio. Interessano sempre o solo nei convegni?

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