Soldi e partiti (a luglio)

Lo chiamano salvagente, ma dal numero di milioni che deve mantenere a galla (27) lo ribattezzeremmo almeno canotto.

È l’emendamento con cui il Pd è intenzionato a salvare il finanziamento pubblico dei partiti e consentire loro di ricevere la tranche che scade venerdì. La situazione è molto delicata e il Movimento Cinque stelle, assolutamente contrario al sistema, parla da giorni (e neppure troppo a torto) di colpo di mano. Il problema è una frase della legge, che prevede la trasparenza e il controllo dei rendiconti e chiede che - per avere diritto all’erogazione della somma dovuta - i bilanci siano in ordine. Anche qui la burocrazia ci ha messo lo zampino e, forse per la prima volta, i partiti toccano con mano l’inefficienza del burosauro amministrativo.

È infatti accaduto ciò che i cittadini conoscono fin troppo bene: chi doveva controllare non ha controllato e la documentazione non è pronta. Il segretario dell’Ufficio di presidenza, Gianni Melilla, ha fatto sapere che non ci sono le condizioni di legge per erogare le somme e che il suo parere potrebbe essere negativo. Mancanza di personale e mancanza di adeguati strumenti di lavoro: è questa la motivazione ufficiale del compito non svolto dalla commissione. Niente relazione, niente 27 milioni di euro di rimborsi da spartire. Ma qui sta il salvagente: il Pd ha pronto un emendamento che consenta ai partiti di ricevere i soldi «senza che i bilanci vengano esaminati». La deputata che lo firma si chiama Teresa Piccione, ma la sensazione è che i volatili siano ancora una volta gli italiani. Vediamo come va a finire.

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