Tempesta perfetta

L’uragano è previsto per l’ultima settimana di giugno, ma il cielo si sta già rannuvolando. Prepariamo un salvagente o un canotto (l’arca sarebbe esagerata) perché due date costituiscono le isobare della tempesta perfetta: il 23 giugno gli inglesi votano il referendum per decidere se rimanere in Europa oppure no e il 30 giugno i greci sono punto e a capo.

Nel senso che se Tsipras non rimborsa tre miliardi al Fondo monetario e alla Bce, Atene non avrà altri prestiti e rischia il default. Brexit e Grexit nella stessa settimana. Già immaginiamo i tuoni e i fulmini, le minacce e le lusinghe, le piazze infiammate nel Peloponneso e le grevi sparate del sindaco di Londra. I riflessi italiani seguiranno il consueto copione: Renzi chiederà alla Merkel di allentare i parametri del debito e al resto del mondo di stare sereno, Grillo urlerà «oki» a chiunque osi avvicinarsi, Salvini volerà direttamente da Piccadilly Circus a piazza Syntagma per farsi un selfie con Marine Le Pen. Ovviamente i problemi rimarranno identici a prima della pioggia, con solo due novità possibili: Gran Bretagna e Grecia fuori dall’Europa. La faccenda potrebbe avere conseguenze serie, ma per ora può essere giudicata solo sotto un profilo inconsueto: quello dell’umanità, della solidarietà. Mentre Tsipras sta aiutando i profughi nella consapevolezza dei valori dell’Europa e del credito acquisito (in qualche modo Bruxelles dovrà risarcirlo), i vertici britannici sembrano sbandare, scegliere strade spinose se non vergognose. Il rifiuto di accogliere tremila bambini allo sbando fra Grecia e Turchia è il segnale di un egoismo, di una superbia, di una grettezza strategica che sa di isolazionismo di ritorno. E ricorda quel titolo del Times: «Nebbia sulla Manica, continente isolato». A giugno vedremo se è solo un errore di prospettiva.

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