Un colpo di fucile

Negli ultimi anni assumeva padri disoccupati e coloro che avevano tentato il suicidio per mancanza di lavoro. Era fatto così Egidio Maschio, il re delle macchine agricole.

Partito da una stalla nel 1964 e arrivato a gestire un’azienda con duemila dipendenti, 19 sedi con bandierine sul mappamondo (anche Romania, India, Iran, Brasile, Cina), quartier generale Cadoneghe (Padova). Si è tolto la vita mercoledì nel suo ufficio con il fucile da caccia. Se l’è puntato al petto e ha tirato il grilletto con un righello. Era il simbolo dell’imprenditoria vincente, un self made man molto italiano che per mezzo secolo ha saputo crescere con l’orizzonte sempre più vasto e le radici sempre più profonde nel territorio. Il banchiere Ennio Doris, suo vecchio amico, lo ricorda così: «Ha portato lavoro dove non c’era, ha sfamato chi non aveva da mangiare».

Il problema di Egidio Maschio, negli ultimi tempi, erano proprio le banche. Non tanto per la liquidità (in Veneto le linee di credito per un’azienda di quel calibro sono sempre aperte), quanto per il debito che si dice sfiori i cento milioni. Un’esposizione con richiesta di ristrutturazione e rientro attraverso un piano rigoroso e probabilmente imposto, che passa dall’affiancamento di nuovi manager alla vecchia gestione.

Situazioni dure, talvolta incomprensibili per chi è cresciuto con altri parametri e altre motivazioni. Situazioni delle quali si dovrebbe tenere conto, perché il denaro non ha psicologia, ma chi lo maneggia sì. Almeno in teoria. Maschio parlava dialetto con i dipendenti e ogniqualvolta si apprestava ad aprire una filiale all’estero diceva: «Sempre attaccare, mai mollare». Fino a un certo punto.

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