Una partita a nove

Nove, meno di una squadra di calcio e più dei samurai. Sono i politici sondati da Matteo Renzi per il Quirinale, coloro che nello spazio di una telefonata si sono trasformati da ex qualcosa ad aspiranti alla più alta carica dello Stato.

Il problema è che i nove non sanno – a immagine e somiglianza di una partita a poker – dove sia seduto l’uomo con la scala reale in mano e dove sia il bluff. Tutti con la dichiarazione vellutata, tutti con il diniego educato nei confronti del giornalista intrigante. E tutti, indistintamente, impegnati a provarsi l’abito blu per il giorno dell’incoronazione. Non sia mai che arrivi il corazziere e non si sappia che vestito mettersi.

Eccoli, i prodi, eccezion fatta per Romano Prodi, del quale il premier non riesce a mandare a memoria il numero di telefono. Sergio Mattarella, Giuliano Amato, Piero Fassino e Pier Ferdinando Casini in rappresentanza degli evergreen della prima repubblica. Anna Finocchiaro in quota rosa, con una certa autorevolezza da signora delle istituzioni. Dario Franceschini e Walter Veltroni per non deludere i vecchi ragazzi che fecero il Settantotto in fondo al corteo (non si sa mai, in testa volavano i lacrimogeni e le bottiglie). Graziano Delrio e Pier Carlo Padoan per far sapere agli altri che il renzismo ha i suoi cavalli da corsa.

Nove nomi da condividere con la maggioranza più ampia, sapendo che otto perderanno e che il presidente potrebbe uscire dalla decima telefonata. Noi vorremmo fare il tifo per il Signor Nessuno, ma visto che è Magalli cominciamo ad avere qualche dubbio.

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