Val d’Oil

L’ultimo scandalo politico un effetto positivo l’ha avuto: gli italiani hanno scoperto che in Basilicata c’è il petrolio. E tanto. A Tramutola, vicino a Potenza, esiste da sempre una sorgente naturale di oro nero; è in una zona boschiva geneticamente modificata solo nell’odore, che richiama a una pompa di benzina.

Lo usavano i soldati della Wermacht (e poi gli americani) per fare il pieno ai camion durante la seconda guerra mondiale. All’esposizione universale di Parigi del 1878 il petrolio lucano fu portato in un’ampolla come un esotico trofeo ed ebbe un successo oscurato solo dalla Tour Eiffel. La struttura di Tempa Rossa si trova in Val d’Agri, soprannominata opportunamente Val d’Oil e la Basilicata potrebbe tranquillamente essere il Texas d’Italia se esistesse un minimo di strategia industriale e se negli ultimi 15 anni la politica non avesse pasticciato il pasticciabile nel lasciare una simile risorsa nelle mani di assessori regionali e sindaci.

Nonostante ciò, il petrolio (estratto ancora in minima parte) è valso per i cittadini lucani un miliardo negli ultimi dieci anni, generando 5.000 posti di lavoro. È scontato che lo scandalo dovrà servire per apportare decisive migliorie all’ambiente e alla salute delle persone. Si spera che conduca sulla strada della saggezza anche i sindaci, che finora hanno investito senza coordinamento solo il 15% di quelle risorse, spendendo il resto. Come? Con viaggi in Australia a trovare gli emigranti lucani, con un dvd turistico firmato da Francis Ford Coppola, con l’acquisto (proprio a Viggiano) di cannoni sparaneve, inutili perché troppo vicini al mare. Adesso scopriamo che il petrolio all’italiana ha un’altra particolarità: più che arricchire fa litigare.

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