Vite virtuali

Expo Milano 2015, esterno notte. Lungo il Cardo che segna l’area made in Italy incrociando il Decumano si ripete lo spettacolo dell’Albero della Vita, con colori, musiche ed emozioni. È fra le attrazioni irrinunciabili delle ore serali, migliaia di visitatori non vogliono perdersi quel momento unico e irripetibile, cedono in massa alla tentazione, ormai necessità, di fissarne le immagini nel proprio smartphone.

Nasce un meccanismo strano e stravolgente: nulla si vive più dal vivo, tutto è sin dalla nascita (a quando i parti in diretta?) filtrato attraverso lo schermo piatto della tecnologia.

Accade a chi si trova a pochi passi da Papa Francesco, a chi segue la finale di Champions oppure si emoziona per un lieto evento di famiglia. Occhi e cervello hanno il filtro dell’ Hi Tech. Il problema è che la stessa perversa spirale colpisce informazione e comune sentire: ci si basa sulle bufale di Facebook, politici populisti dai dubbi princìpi diventano principi, con la compiacenza di chi ci guadagna anche qualche euro. L’altro giorno un conoscente ha storpiato il mio cognome in un post su Facebook. Ho segnalato la cosa con garbo, ma un altro utente mi ha risposto a sua volta «sei sicuro che sia sbagliato?». Siamo al delirio, lanciati a mille byte al secondo in un vicolo cieco.

Il problema di fondo resta culturale. Si potrebbe partire… da principio, magari con un libro, ricordando che in questi giorni si ricordano i 550 anni dalla stampa in Italia del primo volume. Assecondando per esempio l’elogio alla lentezza della lumaca di Sepulveda e contare fino a dieci prima di condividere e cliccare mi piace.

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