Fame e sazietà
Il ruolo degli ormoni

Qualsiasi squilibrio tra i segnali della fame e della sazietà influenza l’accumulo di grasso e la perdita della forma fisica.

Un aeroporto molto trafficato, con voli che partono alla volta di tantissime destinazioni: così possiamo immaginare il sistema endocrino dove, al posto degli aerei, abbiamo gli ormoni, carichi di informazioni e, al posto delle mete, i vari distretti corporei.

Un sistema sofisticato da cui dipende - in larga misura - il nostro benessere psicofisico. Anche il meccanismo fame-sazietà è regolato da ormoni che agiscono per far iniziare o interrompere l’assunzione del cibo. Da qui deriva che qualsiasi squilibrio tra i segnali della fame e della sazietà influenzerà l’accumulo di grasso e la perdita della forma fisica. «Gli ormoni che controllano questi meccanismi sono moltissimi. Quelli della fame tendono a rallentare il metabolismo e aumentare il grasso corporeo – spiega Mariagiovanna Filippella, endocrinologa, referente dell’Ambulatorio di Nutrizione e Metabolismo di Humanitas Gavazzeni -, mentre gli ormoni della sazietà tendono ad aumentare il metabolismo e a ridurre il grasso corporeo».

Facciamo due esempi: la leptina è un ormone prodotto dal tessuto adiposo e controlla il peso corporeo, regolando l’assunzione del cibo e il dispendio energetico. Circola nel sangue, arriva al cervello e stimola la sensazione di sazietà, così da fare capire che le riserve energetiche sono più che sufficienti. La grelina invece, ormone prodotto soprattutto dallo stomaco, stimola l’appetito e aumenta in caso di stress cronico, una condizione che favorisce l’assunzione di cibi altamente calorici e ricchi di grassi. Altri importanti ormoni della fame sono il neuropeptide Y (NPY) e l’agouti-related protein (AgRP).

Questi meccanismi sono essenziali e devono essere noti al medico che potrà consigliare una giusta alimentazione. «La conoscenza del sistema biologico che regola la fame e la sazietà con il bilancio energetico – afferma la dottoressa Filippella - è prioritaria per prevenire l’aumento eccessivo di peso, la diminuzione del metabolismo e l’invecchiamento precoce». Grazie a un percorso diagnostico che unisce esami generali ed ormonali e affianca competenze di endocrinologi e biologi nutrizionisti, è possibile riconoscere eventuali alterazioni metaboliche, ormonali o entrambe, come ad esempio quelle tiroidee che potrebbero rallentare il metabolismo e quindi compromettere la riuscita di qualsiasi tipo di dieta. «Un approccio utile anche per alcune patologie complesse come l’obesità con le sue complicanze (diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, steatosi epatica, dislipidemie, sindrome metabolica, osteoporosi) – aggiunge Mariagiovanna Filippella -, a cui si associano spesso alterazioni del quadro ormonale, irsutismo, amenorrea nella donna e ipovitaminosi D, che necessitano di un percorso multidisciplinare con possibilità di diagnosi a 360° e terapie mediche. In casi di squilibri si interviene con la sola dieta, dove possibile, o con terapia farmacologica».

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