Chi crede in Dio campa
100 anni. Ma è vero?

In Avvento, nella liturgia della Parola, il Signore promette spesso di venire a consolare il suo popolo. Nel Nuovo Testamento poi campeggia la promessa di consolazione fatta da Gesù agli afflitti che quindi si possono dire paradossalmente beati. Lo stesso discorso vale per quelli che piangono. Beati loro, perché poi rideranno. Dio stesso asciugherà le loro lacrime.

È quindi comprensibile che la religione, anche per propaganda non sempre pertinente di noi preti, possa essere considerata un rifugio quando si ha bisogno di conforto e di consolazione. Stando a studi statistici perfino di marca laica, sembrerebbe che l’idea funzioni davvero. Infatti, da diverse inchieste, effettuate per la maggior parte in America, risulta che credenti e praticanti godono migliore salute dei miscredenti; sono più longevi, sono mediamente meno soggetti alle depressioni e alle principali malattie del secolo, e quindi disturbano meno medici e farmacisti.

Lo riferiva tempo fa, in un lungo e circostanziato articolo, un serissimo quotidiano laicissimo del nord. Quando lo lessi, rimasi come elettrizzato. Questa - mi dissi - è la volta buona che invertiamo la strisciante tendenza della scristianizzazione. E cominciai a sognare chiese di nuovo stipate come spiagge d’estate e ritiri ricercati come le cure termali. Vedevo già gli spot pubblicitari sugli effetti benefici della preghiera fatta puntualmente ogni mattina e ogni sera, quelli sull’efficacia della confessione e della comunione contro il logorio della vita moderna e perfino quella dell’acqua santa contro i brufoli degli adolescenti. E vedevo anche pubblicitari televisivi di idromassaggi e direttori di sale di aerobica preoccuparsi seriamente della concorrenza degli esercizi ignaziani, mentre la pratica dei percorsi-vita crollava a picco a vantaggio della Via Crucis.

Invece, ahimè, passate diverse settimane dalla pubblicazione di quell’articolo e dall’esplosione dei miei sogni di rimonta, non è accaduto assolutamente nulla di ciò che sognavo.

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