Sacramenti, ultimi segni
di una fede che muore. Forse

Tempo di sacramenti, questo. Dopo la pasqua tutte le comunità cristiane, o quasi, celebrano prime comunioni, prime confessioni, cresime, anniversari di matrimonio. Il perché è semplice. Per i cristiani la Pasqua è la fonte di tutto. Da lì “discendono” come fiumi i sacramenti, soprattutto quelli che si chiamano dell’iniziazione cristiana: il battesimo (che si celebra la notte di pasqua), la cresima (che si celebra spesso attorno a Pentecoste) e l’eucarestia (che si celebra sempre ma che diventa particolarmente vistosa con le prime comunioni).

Questa festosa invadenza di celebrazioni fa venire in mente una vasta discussione che ha animato la Chiesa del dopo Concilio. A ridosso degli anni ’70 la Chiesa italiana aveva lanciato un programma di più anni che aveva il titolo complessivo “evangelizzazione e sacramenti”. L’idea ispiratrice era che non ha senso moltiplicare messe e confessioni se non si nutre la fede con una adeguata “evangelizzazione”. Devo accogliere la Parola di Dio, masticarla, farla mia per poi celebrarla nella messa.

Succede, però, che la catechesi – espressione privilegiata dalla evangelizzazione – è importante per bambini e ragazzi che si preparano ai sacramenti mentre è cosa di poche, striminzite minoranze tra gli adulti. Anzi, molti adulti frequentano incontri di catechesi soprattutto come genitori di bambini o ragazzi che si stanno preparando alla prima comunione o alla cresima.

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