Le 600 fatiche
del supertifoso

Seicento e non sentirle. Meglio ancora: pronto a rifarle tutte quante. Ebbene, anche i tifosi festeggiano i loro traguardi rotondi e per Tullio Panza, classe 1949, storico segretario degli Amici dell’Atalanta, con quella di domenica a Parma sono state ben 600 le trasferte al seguito dell’amata in maglia neroblù. Dopo tre mesi di sofferta attesa, ma al cospetto del suo amico Donadoni. E attenzione, si parla solo di partite di campionato (A, B e, per quella volta, C) perché, conteggiando anche le coppe (Italia ed europee), si è arrivati a 650.

Tullio, però, non si limita a seguire l’Atalanta: per ogni partita redige, con scrittura minuscola su antichi quaderni di scuola, pagine con i tabellini, la cronaca, l’analisi di come è andata. E, naturalmente, conserva di ogni incontro il biglietto, per una collezione piena di storia e colori che lo rende assai orgoglioso. Panza, nato a Caprino ma residente a Cisano da quasi sempre, è figlio di Giulio Battista, operaio, e di Olga, sarta, genitori che perderà troppo presto. La passione per il calcio arriva fin da bambino, quando s’inventa partite di pallone con le figurine. La sua prima gara dal vivo è a 14 anni, un Lecco-Venezia al quale assisterà, insieme ad un cugino, mischiandosi all’ingresso ai tifosi lagunari perché entrambi sprovvisti di biglietto. L’esordio al Comunale è invece datato ’66, Atalanta-Varese 1 a 0 con gol di Nova. La prima trasferta è l’anno dopo, e Tullio vede l’Atalanta sconfitta di misura a Mantova.

Quarantasette anni in giro per l’Italia e l’Europa a seguire i suoi eroi, spesso col fratello Giulio, pur non avendo mai guidato l’auto: una vita da tifoso fatta di aerei, treni, pullman e qualche passaggio. Oppure un concentrato di tutti questi mezzi di trasporto, come quella volta a Catania, importante zero a zero, raggiunta in aereo, perso però al ritorno: viene a saperlo Ivan Ruggeri che anticipa a Tullio, rimasto a piedi in tutti i sensi, i soldi per un altro biglietto. Però c’è da aspettare il giorno dopo, e allora raggiunge col bus la stazione e si fa una dormita in treno fino al momento di riprendere il volo per casa, con tutta la famiglia in subbuglio perché non aveva notizie. E con Ruggeri a cui Tullio fece fatica a restituire i soldi, episodio che gli farà restare Ivan sempre nel cuore.

Panza si ritiene un tifoso fortunato: «Devo ringraziare gli Amici dell’Atalanta, che per tanti anni mi hanno fatto organizzare le trasferte. E non posso dimenticare Pino Pozzoni che fu, contemporaneamente, il primo presidente degli Amici e il mio datore di lavoro. Grazie ai suoi permessi ho potuto coronare il sogno di tanti viaggi al seguito dei nerazzurri, intessendo amicizie con le altre tifoserie, rapporti che durano tuttora. Ed ho potuto così soddisfare la mia voglia di vedere posti nuovi e di arricchirmi culturalmente. Credo sia questa l’essenza dello sportivo vero, anche se il mondo del calcio è pieno di cose belle, ma è sempre più difficile coltivarle».

In tante partite fuori casa c’è stato anche qualche momento di tensione, ma poca roba. Tullio minimizza: un paio di finestrini rotti, quella volta a San Benedetto del Tronto, ma niente di che. Meglio ricordare la storica colonna di pullman per gli spareggi di Genova o la trasferta 300 quando, su iniziativa di Maurizio Bucarelli, Tullio viene convocato insieme a tutta la squadra il sabato e vive con lei la vigilia e la giornata di Milan-Atalanta. Addirittura premiando Perrone per la centesima in nerazzurro e scendendo in campo a fianco di Donadoni, rossonero ma figlio illustre di Cisano, amico di Panza da sempre. O la trasferta 450 a Parma, evidentemente un destino, nel 2002, con tanto di maglia personalizzata consegnatagli da Beppe Marotta.

Tullio racconta tutto questo con un pudore ammirevole, lui è fatto così, e la moglie Carolina lo guarda con tenerezza, anche quando si sente ribadire che rifarebbe tutto di nuovo, pur consapevole di privare la famiglia della sua presenza. Anche noi abbiamo il ricordo di una sua trasferta: agosto ’84, consueta amichevole di fine ritiro a Montebelluna. Tipico temporalone estivo. Spalti deserti tranne lui, Tullio Panza da Cisano con tanto di striscione del Club di cui è stato l’indiscusso presidente. A malincuore escono le squadre con Perico, capitano, che guida i nostri. Eugenio alza lo sguardo e lo vede lassù, già fradicio. Con le mani gesticola: «Ma cosa fai lì ?». Tullio sorride. E con un palmo si asciuga gli occhi dalla pioggia.

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