Volano verso il cielo i rossi «58»
Addio a Sic, Kate: «Eri perfetto»

Sono stati gli «amici del Sic» a portare in spalla, fino alla chiesa di Santa Maria Assunta, il feretro di Marco Simoncelli, il pilota morto tragicamente domenica scorsa. Davanti alla bara decine di bambini: verso il cielo palloncini col numero «58».

Sono stati gli «amici del Sic» a portare in spalla, fino alla chiesa di Santa Maria Assunta, il feretro di Marco Simoncelli, il pilota morto tragicamente domenica scorsa durante il MotoGP di Sepang. Davanti alla bara di colore grigio, decine di bambini e di ragazzi che corrono il campionato delle minimoto, che a metà corteo hanno lasciato andare verso il cielo palloncini di colore rosso col numero «58».

Il padre Paolo, la mamma Rossella, la sorella Martina e la fidanzata, la bergamasca di Bagnatica Kate Fretti, hanno aspettato la bara in chiesa. Con loro anche Valentino Rossi, con gli occhi gonfi dalle lacrime, arrivato a Coriano con due ore circa d'anticipo.

Si è fatta forza Kate. E mentre mezza Italia piangeva con lei, mentre 58 milioni di abbracci si stringevano attorno a Paolo, alla mamma Rossella e alla sorellina Martina, ha preso la parola e ha lasciato il suo ricordo: «Lui aveva solo pregi, era una persona perfetta. E le persone troppo perfette non possono vivere con noi comuni mortali».

Oltre a Valentino, in chiesa per i funerali - celebrati dal vescovo di Rimini Francesco Lambiasi - anche Jorge Lorenzo, Randy De Puniet e Mattia Pasini, il medico del MotoGp, il fondatore della "clinica mobile" Claudio Costa.

E ancora le istituzioni locali, i rappresentanti della Federazione motociclistica italiana, il ministro della Gioventù Giorgia Meloni e il sottosegretario allo Sport Rocco Crimi.

Il vescovo di Rimini nel corso della sua omelia ha ricordato le parole scritte da don Oresta Benzi: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra la gente vicina dirà: è morto, ma è una bugia. Siamo morti per chi ci vede e sta li, ma la morte non esiste: io li chiudo a questa vita e li apro a quella infinita di Dio».

Poi ha aggiunto: «Quando un nostro amico come Marco non vive più, vive di più». «Marco ora insegna agli angeli ad impennare», ha aggiunto il vescovo di Rimini riferendosi ad uno striscione posto fuori dalla chiesa che si è ripromesso di controfirmare e che, ricordando di averlo conosciuto l'8 dicembre dell'anno scorso in occasione della crescima della sorellina, si è rammaricato per non aver approfondito questa conoscenza.

«Ora che ho scoperto la sua schiettezza, ho un amaro rimpianto, quello di non aver provato a diventargli amico. Perchè uno libero, trasparente come lui non avrebbe respinto un anziano, un vescovo come me, avrebbe voluto discutere e litigare, di quelle belle litigate che si fanno solo tra amici».

Il vescovo Lambiasi, poi, ha voluto trovare il perchè «Marco si è schiantato domenica scorsa alle 9.55 sull'asfalto dell'autodromo di Sepang. Non con una di quelle risposte confezionate alle volte da noi credenti che pensiamo di svignarcela con una uniformata volontà di Dio e non ci rendiamo conto che rischiamo di bestemmiare il suo Nome, perchè Gesù non si apposta dietro al curva per tirarci un colpo gobbo».

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