Le motivazioni della Corte di Giustizia
«Conte consapevole dell'illecito»

«Conte deve rispondere di omessa denuncia perché era pienamente consapevole dell'illecito tanto da avere posto in essere un comportamento particolarmente significativo in proposito». Così la Corte di giustizia federale.

«Conte deve rispondere di omessa denuncia perché era pienamente consapevole dell'illecito tanto da avere posto in essere un comportamento particolarmente significativo in proposito». Con queste parole la Corte di giustizia federale spiega le ragioni dei dieci mesi di squalifica inflitti all'allenatore della Juventus Antonio Conte nell'ambito del secondo processo stagionale sul calcioscommesse.

Nelle 13 pagine della sentenza, pubblicate sul sito della Federcalcio, i giudici chiariscono come in ordine alla partita AlbinoLeffe-Siena «la responsabilità di Conte risulta avvalorata da una circostanza che poteva essere diversamente valutata, nella sua gravità, sia dalla Procura che dai Giudici di prime cure, in modo da poter configurare, ovviamente verificata la sussistenza dei presupposti, una fattispecie diversa e più grave di incolpazione».

La Corte fa riferimento a una delle dichiarazioni fatte da Filippo Carobbio davanti agli investigatori federali lo scorso 10 luglio: «Il predetto tesserato ha raccontato di un ulteriore momento in cui, all'interno della società Siena, è stato affrontato il tema dell'accordo finalizzato a far vincere l'AlbinoLeffe, risalente a circa due settimane prima della data in cui era programmata la gara in questione e, più precisamente, prima che si disputasse Ascoli-Siena del 14 maggio 2011. In occasione di una riunione all'interno dello spogliatoio alla presenza dei calciatori e dell'allenatore Conte, quest'ultimo, nel mostrarsi favorevole ad agevolare la vittoria dell'Albinoleffe, invitò i propri calciatori a confermare l'adesione o a chiamarsi fuori dall'accordo».

L'unico a dissociarsi, spiega la Corte, fu «il calciatore del Siena Mastronunzio, il quale in virtù dei suoi recenti trascorsi tra le file dell'Ascoli, avrebbe preteso che un analogo trattamento di favore il Siena lo riservasse anche alla propria ex squadra, che avrebbe incontrato di lì a poco, anch'essa impegnata, al pari dell'AlbinoLeffe, nella lotta per non retrocedere. L'allenatore Conte, dopo aver preso atto di tale dissociazione non convocò più, da allora e fino al termine del campionato, il Mastronunzio, sia per le rimanenti gare che per i relativi ritiri, consentendo solo che lo stesso partecipasse agli allenamenti».

Una decisione per la quale Conte, secondo i giudici, «non ha fornito, in sede di audizione davanti alla Procura Federale, motivazioni credibili, attribuendola in un primo momento, a un infortunio del Mastronunzio del tutto inesistente, e, successivamente, al fatto che il predetto calciatore non avesse dimostrato un adeguato spirito di gruppo per avere rifiutato di trasferire il proprio domicilio da Empoli a Siena».

Tra l'altro Mastronunzio, ricorda la Corte, era uno dei giocatori maggiormente impiegati nel campionato con «ben 35 presenze, condite dalla segnatura di 9 reti», prima dell'esclusione dalla rosa: «Sul predetto episodio (ovvero l'esclusione dalla rosa, ndr) la difesa si è limitata a cercare di dimostrare che l'esclusione del calciatore Mastronunzio sarebbe avvenuta per motivi tecnici - aggiungono i giudici -. Si tratta della terza spiegazione che, nel corso del presente procedimento, è stata fornita della predetta esclusione».

In ordine alla quantificazione della sanzione, conclude la Corte, «si ritiene che il proscioglimento da uno dei due addebiti contestati (omessa denuncia per Novara-Siena, ndr) non consenta, comunque, di ridurre la stessa rispetto alle statuizioni sul punto della C.D.N., attesa la evidenziata particolare gravità del comportamento, nei fatti sicuramente quanto meno omissivo, tenuto dal sig. Conte con riferimento all'incontro di calcio AlbinoLeffe-Siena».

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