Alpe, 30 anni fa promossa in A1
In campo le «vecchie glorie»

Per celebrare l'annata storica del basket orobico, il 1983, quando l'Alpe ottenne la promozione nella massima categoria, c'è chi ha pensato di rivivere l'indelebile impresa: in campo coloro che nel corso degli anni hanno indossato la mitica canotta.

Per celebrare l'annata storica del basket orobico, il 1983, quando l'Alpe ottenne la promozione nella massima categoria, c'è chi ha pensato di rivivere, in modo simpatico, l'indelebile impresa. Si è chiesto: perché non vedere di nuovo sul parquet coloro che nel corso degli anni hanno indossato la mitica canotta biancoazzurra in una sfida con i tradizionali rivali di sempre, i «collegiali» del Celana?

Celana, a sua volta, salito nel 2001 in serie A2, ad un passo cioè dalla stessa pallacanestro d'èlite. Sfida e iniziative di cornice annesse verranno illustrate domani a mezzogiorno al Kilometro rosso, a Stezzano, sede della Comark spa, sponsor della Virtus. L'accostamento con la Comark non è casuale.

Il suo titolare, Massimo Lentsch, nell'avvicinarsi di recente alla Virtus, ha sposato il progetto di riportare il basket che conta a Bergamo. E nell'attesa, Lentsch ha chiamato a raccolta gli ex giocatori di Alpe e Celana per giovedì 26 settembre al palazzetto dell'Italcementi. «Anche questo evento - ha precisato Lentsch - rappresenta un piccolo-grande segnale per dar seguito al progetto di riassaporare i fasti di un'epoca nemmeno tanto remota. Ero un ragazzo e dovevo sgomitare per entrare al palasport prima del cartello "tutto esaurito" che il custode Pessina era pronto a collocare all'ingresso. Alle gare dell'Alpe eravamo sempre in 3 mila ad entusiasmarci per Ciuk Jura. Sono anche un appassionato di calcio ma credo che pure la pallacanestro da noi possa risorgere abbastanza in fretta. Con i dirigenti della Virtus ci proveremo in modo tenace».

Sentendo queste contagiose parole specie chi ha provato quelle emozioni ha pieno diritto di dare il là ai sogni. Già che ci siamo riproponiamo quella formazione: Jura, Kupec, Giommi, Meneghel, Natalini (quintetto base); Cappelletti, Poletti, Carera, Signorelli, Guerini. In panchina l'esordiente Carlo Recalcati, che ricorda: «Per me si trattò di un immediato lancio nel basket nazionale. Con l'Alpe centrammo due promozioni consecutive, in A2 e in A1. Insomma, definiamolo un trionfo purtroppo inceppatosi di colpo e troppo presto».

Al timone societario era Dante Signorelli, travolto pure lui da quell'ondata di euforia. «In effetti - sono sue parole - non c'era nulla di improvvisato in quei piani anche se nello sport spesso e volentieri uno più uno non fa due. Ma con Jura e Kupec, su tutti, centrare la scalata fu in un certo senso, un gioco da ragazzi. Televisioni e giornali mi contendevano e la domanda di rito era di motivare nei dettagli il "fenomeno-Alpe". Fu in quel periodo che la Federazione ci regalò l'incontro tra Italia e Cuba».

A manifestare indubbia riconoscenza al sodalizio, la cui sede originaria si trovava all'Oratorio delle Grazie, in viale Papa Giovanni, è l'ex capitano degli azzurri, Flavio Carera. «Avevo diciotto anni - racconta - e quando Jura mi disse che mi avrebbe preso in custodia per fare di me un campione per poco non svenni. Fu, poi, proprio lo "sceriffo del Nebraska" a convincermi di arrivare puntuale, la domenica delle gare, al palasport, dal momento che ritardavo per le partite dell'Atalanta, di cui sono tuttora innamorato. Subito dopo il salto in A1 mi ritrovai a Livorno e da lì fu un sussegguirsi di escalation, compresa la maglia azzurra. Urlare grazie alla società che mi ha donato un percorso del genere mi sembra quasi restrittivo».

D'accordo l'Alpe, ma guai liquidare in quattro e quattr'otto il Celana. Dimenticare, tanto per cominciare, il suo fondatore, il leggendario don Franco Maggioni, è impossibile. Don Franco, deceduto da un paio di anni, per un ventennio è stato presidente, allenatore e quant'altro coadiuvato dal professor Franco Deretti. Passato il testimone a Gianbattista Begnini, il Celana ereditò, per importanza, il testimone dell'Alpe.

«Con Giupponi, Ruggeri, Pezzotta, Benigno e Fagiani - dice Begnini - avevamo professionalizzato la società e di ciò ne aveva usufruito ben presto la squadra. Promossi quasi subito in B d'eccellenza, sfiorammo per un nonnulla con Recalcati allenatore il passaggio nell'allora A2 unificata. Nei 15 anni di gestione ci siamo tolti parecchie soddisfazioni: anche al giorno d'oggi in molti mi parlano con immensa nostalgia di quel Celana, compreso Lino Lardo».

«Eh sì, è stato proprio Begnini - spiega Lardo, attuale allenatore del Trapani - a regalarmi la carriera di tecnico, dopo un anno di apprendistato, da vice di Recalcati. Trascorsi 24 mesi, con Marco Tucci presidente, ci ritrovammo in A2 dopo aver vinto i playoff con Rieti e Cento. Forza Bergamo, sarebbe ora di tornare ai vertici».

E venerdì della prossima settimana iniziamo con un ben'augurante amarcord. Alla partita hanno aderito i giocatori di entrambe le formazioni e anche alcuni «anomali ex», come il presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli, che giocò nelle giovanili dell'Alpe.

Arturo Zambaldo

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