Cometti, una vita colorata di nerazzurro
Solo un’amarezza, la finale di Coppa Italia

«L’Atalanta mi ha dato proprio tutto, calcisticamente parlando. Un’amarezza, tuttavia, me la porto dietro da sempre: quella di non aver giocato il 2 giugno 1963 a Milano la finale di Coppa Italia vinta sul Torino per 3-1».

«In quella stagione sportiva ero io il titolare ma un maledetto infortunio un mese prima mi costrinse a passare il testimone a Gigi Pizzaballa, amico sin che si vuole ma gli onori del caso se li prese lui. Mi è rimasta la consolazione che, a fine gara, nella storica foto ricordo, ci sono anch’io insieme ai compagni con tanto di tuta sportiva».

Lo disse nel dicembre 2007 Zaccaria Cometti, microfono in mano sul palco del Centro congressi Giovanni XXIII nel centro di Bergamo in occasione dei tradizionali premi assegnati ogni anno dal Centro coordinamento «Amici dell’Atalanta». Un sacrosanto riconoscimento assegnato al portierone di Romano di Lombardia per la fedeltà prima da giocatore e successivamente da viceallenatore e infine da preparatore dei portieri.

Sempre in quella circostanza, durante la cena che era seguita, tra un amarcord e l’altro gliene uscì uno ritenuto inedito ai commensali (e riteniamo non solo). «Pensare - sono sempre parole di Zachi - che da sedicenne fui selezionato dall’Atalanta come una promettente ala visto che possedevo scatto in aggiunta a un sinistro che non perdonava. Mi ritrovai, però, da lì a poco, tra i pali delle formazioni giovanili. Al tempo stesso, però, quando fui aggregato alla formazione titolare di mister Cina Bonizzoni, all’occorrenza nella partita del giovedì con le riserve venivo schierato appunto sulla fascia per lasciare ai più esperti Boccardi e Galbiati di ricoprire il ruolo di portiere, uno da una parte e l’altro dall’altra». Eh sì, carissimo e ineguagliabile Zachi, che storie!

Arturo Zambaldo

© RIPRODUZIONE RISERVATA