Gasperini, il cronista e la realtà

Sabato l’allenatore dell’Atalanta non ha tenuto la conferenza stampa per la presenza in sala di Matteo Spini, il collaboratore del nostro giornale che segue Gian Piero Gasperini negli incontri con i giornalisti il giorno precedente le sfide di campionato.

Spini è per Gasperini un giornalista sgradito, tanto che il solo vederlo in sala stampa ha fatto scatenare la sua ira, annunciando che davanti a lui non avrebbe parlato. Promessa mantenuta e prepartita saltato. Dura la presa di posizione dell’Associazione lombarda dei giornalisti: «Nessuno, tanto più un personaggio pubblico come un allenatore di calcio di serie A - le parole del presidente Paolo Perucchini -, può scegliere i giornalisti degni di partecipare ad una conferenza stampa. Quanto successo è un peccato perché l’Atalanta grazie anche al suo mister si è rivelata una piacevole sorpresa. Il fatto che ha visto protagonista il suo allenatore, invece, mina questa piacevolezza rappresentando l’ennesima inutile scivolata che il mondo dello sport fa verso l’informazione».

La sfuriata di Gian Piero Gasperini nei confronti di Matteo Spini può essere letta in mille modi, soprattutto da chi sa poco o nulla di quello che ci sta realmente dietro. A noi, però, ne interessa uno soltanto, quello che ricostruisce con verità quanto è successo. E quanto è successo è esattamente niente. Tutto il castello di accuse è costruito solamente nella testa dell’allenatore nerazzurro e la dimostrazione di ciò sta nel fatto che Gasperini non ha alcuna «pezza giustificativa» da presentare a sostegno delle proprie tesi: non c’è alcun articolo di Matteo che l’allenatore possa esibire per sostenere quello che, tra lo stupore generale, ha urlato al nostro collaboratore in mezzo alla sala stampa nella tarda mattinata di ieri: «Lei ha una bella faccia di tolla a venire qua oggi, con quale coraggio viene qua (…) Lei è una persona scorretta» e via di queste amenità. Facciamo un passo indietro. Nella tarda serata del 18 marzo, Matteo raccoglie una confidenza da una fonte vicina ai giocatori sul clima interno allo spogliatoio nerazzurro di quei giorni (si era alla vigilia dell’incontro con il Pescara). La gira alla redazione sportiva spiegando che va comunque verificata. La redazione fa il suo lavoro, verifica la confidenza in questione con la società, ma non trovando riscontri oggettivi inequivocabili non ne fa nulla. Tradotto in soldoni, sul giornale non viene pubblicato niente. Questione chiusa. La stessa notizia viene verificata – non sappiamo come, perché su questo aspetto non è stato possibile saperne di più – anche da un altro giornale che, per avere lumi, si rivolge direttamente a Gasperini, via telefono. Nemmeno questo secondo giornale scrive nulla dell’indiscrezione, ma l’ira dell’allenatore contro Spini si scatena esattamente nel corso di questa telefonata, e da allora – sono passate quasi quattro settimane – non l’ha più lasciato tranquillo. A nulla sono valsi i tentativi di ricomporre la questione alla sua reale dimensione: da una parte un giornalista che fa il suo mestiere, cerca notizie e le verifica prima di pubblicarle, dall’altra una società e un allenatore che smentiscono l’indiscrezione così bene da non vederla pubblicata da nessuna parte. Tutto qua. L’irrispettoso atteggiamento di Gasperini nei confronti dei giornalisti presenti in sala ieri mattina – convocati per una conferenza stampa annullata unilateralmente dall’allenatore (e non dalla società) – ha raggiunto tre risultati: fare di Spini una sorta di «martire della libertà di stampa», spingere qualche collega curioso a cercare qual era la «soffiata» riferita a Matteo e innervosire il clima all’interno del quartier generale dell’Atalanta. Di certo, però, non è riuscito a far litigare tra loro l’Atalanta e L’Eco di Bergamo, mai così impegnato a sostenere la corsa dei nerazzurri verso l’Europa. La nostra attenzione nei confronti della squadra non verrà certo meno per i capricci di qualcuno troppo distante dalla realtà.

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