Ivan Ruggeri: «Deluso? Non riesco a darmi pace»

Il presidente: «Siamo retrocessi ad inizio campionato. Non si possono fare quattro punti in nove gare. Dovevo intervenire»

Dopo una notte (quella di lunedì) e un giorno a meditare su una retrocessione «che difficilmente riuscirò a dimenticare tanto in fretta», ieri Ivan Ruggeri ha rotto il silenzio. Lo ha fatto parlando di quanto è accaduto negli ultimi nove mesi («siamo retrocessi all’inizio del campionato, non alla fine»), senza nascondere che i suoi rapporti con Vavassori «sono stati difficili». Il presidente non si è detto immune da errori («ma li ho commessi sempre in buona fede»), ha manifestato la sua preoccupazione per un mercato che rischia di condizionare il futuro e ha annunciato che «entro lunedì si conoscerà il nome del nuovo allenatore».

Presidente, come si sente due giorni dopo la retrocessione?

«Ancora peggio di lunedì sera e martedì. Più passa il tempo, più sento il peso di quanto è successo. Adesso, se dovessi scegliere, preferirei non parlare più del passato, ma mi rendo conto che non è possibile. Oggi (ieri: n.d.r) in Lega ho avuto il primo impatto da sconfitto, e non è stata una cosa bella. Poi mi sono guardato in giro e mi sono detto: tutti abbiamo vissuto questo momento, quindi bisogna rimboccarsi le maniche e ripartire».

Lunedì ore 20: Atalanta in serie B. La sua prima reazione?

«Ho spiegato a mio figlio Alessandro che la vita è fatta anche di sconfitte e bisogna saperle accettare. Io di sconfitte ne ho avute tante, ma sono sempre riuscito a rialzarmi».

Più amara la retrocessione con Mondonico o questa?

«Tutte le retrocessioni sono amare, ma questa... Se penso ai giocatori della rosa, non riesco a darmi pace. No, questa Atalanta non doveva finire in serie B. Quando siamo retrocessi? All’inizio del campionato: quattro punti in nove partite, ben sette sconfitte. Ma si rende conto? Abbiamo sempre dovuto rincorrere e da gennaio in avanti il nostro passo è stato buono, ma non è bastato».

Non è limitativo dire che l’Atalanta è retrocessa per quello che ha raccolto all’inizio del torneo?

«In quel periodo Vavassori disse: mi meraviglio che non mi abbiano ancora mandato via. Chiaro, manca la controprova, ma forse abbiamo aspettato troppo, anche se vorrei precisare che il mister è un buon allenatore. Una contraddizione? No, il Vava non aveva più nulla da trasmettere ai giocatori e visto che a cinque giornate dalla fine bisognava riportare un po’ di tranquillità all’interno dello spogliatoio, non ho cercato un allenatore in giro. Andava bene una soluzione interna e sono molto contento di come ha operato Finardi».

Le continue polemiche Ruggeri-Vavassori non hanno certo contribuito a portare serenità. Non si potevano evitare?

«Davanti a Vavassori allenatore mi tolgo il cappello, ma se parliamo di rapporti umani, allora è meglio lasciare perdere. Un qualsiasi dipendente non può avere certi atteggiamenti con la proprietà. Passi se certe cose le fa in privato, ma in pubblico...».

Non le sembra troppo addossare tutte le colpe a Vavassori?

«Infatti le colpe non sono solo sue. Gli errori li hanno commessi tutti: la società, i tecnici e i giocatori. Però certe cose non si fanno e non si dicono. Cosa? Le faccio un esempio: il suo direttore raduna Tizio, Caio e Sempronio e dice che per fare il giornale può contare solo su Tizio. Gli altri due come la prendono?».

Gira e rigira tira sempre in ballo Vavassori.

«Ho detto che è un bravissimo tecnico, ma quando leggo e sento dire che è stato lasciato solo, non lo accetto. Aveva vicino Mascetti, uomo d’esperienza, un grande signore. Eppure ad un certo punto ci ha detto che non riusciva più a comunicare con il mister. E anche questo è stato uno dei motivi che ci hanno spinto a non rinnovare il contratto a Mascetti».

Rifarebbe un contratto di quattro anni ad un allenatore?

«Se l’ho fatto è perché ero contento, nessuno mi ha obbligato. Quello che mi dispiace, invece, è che in due periodi diversi, pur essendo vincolato con l’Atalanta, Vavassori è stato contattato dalla Fiorentina e, nell’estate scorsa, dal Napoli».

Presidente, ma lei che errori ha commesso?

«Ho sbagliato a ragionare con il cuore e non con la testa. Ho sbagliato soprattutto a tenere tutti i giocatori della stagione precedente. Dovevo capire che il ciclo era finito: ad un certo punto o si cambia l’allenatore o si cambiano i calciatori. Potevo vendere Zauri e Doni? Non ho voluto cedere ai ricatti e poi Luciano e Cristiano sono stati i migliori di questo disgraziatissimo campionato».

Quante partite vorrebbe rigiocare?

«Tante, sicuramente le prime nove. Se guardo alla fine, invece, non riesco a dimenticare quelle con Perugia, Torino e Reggina in campionato. Avevamo tutte le chance per restare in serie A... Ma è inutile piangere sul latte versato».

Adesso cosa succederà?

«Se mi lasceranno lavorare andrò avanti. C’è chi vuole la mia testa e io dico che non ci sono problemi: basta che si faccia avanti chi ha i soldi da spendere e la voglia di lavorare. Ammesso che sia io il colpevole di tutto, per il bene dell’Atalanta sono anche disposto a farmi da parte. Ma è troppo tempo che aspetto questi fantomatici acquirenti».

Primo tassello: il nuovo allenatore.

«Entro lunedì conoscerete il suo nome. Baldini? Abbiamo già parlato con lui, ma ha chiesto tempo perché deve riflettere. De Canio? Ottimo tecnico, vedremo. Comunque niente fretta, non voglio sbagliare».

Ipotesi Sonetti?

«Sapete che lo stimo, ma in questo momento è impegnato e non trovo corretto fare questo discorso. Certo che a Palermo ha fatto un mezzo miracolo...».

Il mercato?

«Difficile, tutti voglio vendere, pochi hanno i mezzi per comperare. L’unica cosa certa è che nessun giocatore dell’Atalanta è incedibile. E una volta scelto l’allenatore faremo i nostri piani».

(05/06/2003)

Su L’ECO DI BERGAMO del 05/06/2003

Maurizio Bucarelli

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