L’uomo jet è Collins Stati Uniti cancellati dal podio

L’uomo jet è CollinsStati Uniti cancellati dal podioNel giorno del crepuscolo dei campioni battuti dall’età e usurati dall’atletica che dura tutto l’anno spunta una sorpresa da St. Kitt and Nevis, minuscolo stato (269 chilometri quadrati) nelle Piccole Antille.

Il più veloce dei suoi 28.813 abitanti si chiama Kim Collins e sbuca all’improvviso sulla pista di Parigi. Piomba con altri tre sul filo di lana della gara dei 100 e, dopo un momento di suspence, porta a casa una medaglia d’oro vinta in una finale dal modesto contenuto tecnico (10"07 per il nuovo campione del mondo, come 20 anni fa Carl Lewis a Helsinki). Ma questo studente di sociologia all’università del Texas non è uno sconosciuto: aveva già vinto un bronzo nei 200 a Edmonton 2001.

Le stelle si erano già spente prima, Maurice Greene aveva confermato di non essere più quello di una volta: la certezza del quarto titolo iridato consecutivo era frutto della sua fantasia. La realtà dice che la Pallottola di Kansas City è uscito di scena zoppicando, dopo una semifinale in cui ha dato l’impressione di fermarsi già un attimo prima di tagliare il traguardo. Per un infortunio alla gamba sinistra, giura Greene sicuro di non essere al tramonto. Bollito anche Ato Boldon, fuori dalla sfida dei primi otto.

Il loro posto sulla scena potrà prenderlo Collins, o più probabilmente il 19enne campione del mondo juniores Darrel Brown, che viene da Trinidad, terra di sprinter, e alla sua prima esperienza fra i grandi è già medaglia d’argento in 10"08, identico tempo del britannico Darren Campbell. E Tim Montgomery? È solo quinto, non tira fuori giustificazioni tipo allergia alle arachidi e si consola con un bacio di Marion Jones: il piazzamento posto del primatista del mondo s’inserisce bene nel quadro da polvere di stelle.

Di eroi finiti ne sa qualcosa anche Jonathan Edwards, che ora potrà fare il predicatore religioso a tempo pieno: era il re del triplo, sperava in un podio per chiudere la carriera alla grande ma la sua gara d’addio si trasforma in un calvario. Due salti da undicesimo posto e il ritiro.

Passa le consegne all’erede designato, lo svedese Christian Olsson (con 17,72) che salta con una regolarità fenomenale. Secondo il cubano Yoandri Betanzos (17,28), terzo il bahamense Leevan Sands (17,26).

È la serata dei giovani, sperando che l’atletica-spettacolo non consumi anche loro. Così nell’alto vince il figlio d’arte sudafricano (anche la madre saltava) Jacques Freitag (con 2,35), talento strappato al rugby. Argento allo svedese Stefan Holm (2,32), bronzo al canadese Mark Boswell (2,32).

Nel pomeriggio il bielorusso Ivan Tikhon aveva conquistato la medaglia d’oro nel lancio del martello con la misura di 83,05 (secondo l’ungherese Adrian Annus con 80,36, terzo il giapponese Koji Murofushi con 80,12), mentre la russa Svetlana Feofanova aveva vinto la gara di salto con l’asta con 4,75 (argento alla tedesca Annika Becker con 4,70, bronzo all’altra russa Yelena Isinbayeva con 4,65).

Quanto all’unico italiano in gara, Christian Obrist non ha centrato la finale dei 1.500 metri: nono in semifinale in 3’41"88.

(26/08/2003)

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