
Direttore, da dove cominciamo?
«Da Mandorlini?».
Lei è un tipo coraggioso.
«Diciamo realista: prima o poi me lo avreste chiesto...»
Come no. Mandorlini arriva e la stuzzica: «Di moduli parlo io», le ha detto in conferenza stampa.
«Imparerete a conoscerlo, Mandorlini. Io ho a che fare con lui dall’85 e so com’è e come si comporta. È un gran lavoratore con grandissime motivazioni, un entusiasta che vorrebbe tutti entusiasti come lui».
La domanda era un’altra.
«Certo, mi ha detto di non occuparmi di moduli. Giusto, e lui sa bene che non mi permetterei di farlo. Io mi occuperò di quello per cui sono pagato: di calcio. Ma Andrea è un entusiasta...».
È un romagnolo insomma. Lei sta facendo un’Atalanta romagnola: Mandorlini, Mingazzini, lo scorso anno Gonnella che lei aveva avuto a Ravenna.
«L’Atalanta è talmente bergamasca che nessuno prenderà sul serio questa provocazione».
Non è una risposta.
«Io non penso proprio a un’Atalanta romagnola, ma è vero che ho voluto Gonnella, e anche Vugrinec che conoscevo dai tempi del Lecce».
Complimenti.
«Entrambi quest’anno dovranno dimostrare che l’investimento fatto su di loro sei mesi fa non era illogico».
Nel frattempo l’Atalanta è andata in serie B: da gennaio a giugno Bonazzoli 7 gol nella Reggina, Vugrinec zero.
«Quando abbiamo scelto, l’inverno scorso, abbiamo sbagliato. Tutti insieme».
Anche lei?
«Io per primo. Tante volte. Per tutta la vita per esempio mi sentirò in colpa per non aver giocato lo spareggio di ritorno il 1° giugno».
La domenica sera?
«La domenica notte. A qualsiasi ora. Altro che rinviare al giorno dopo, alle 18...».
Vavassori avrebbe salvato l’Atalanta?
«La società ha fatto tutto il possibile per cercare di restare in serie A».
Ma quell’Atalanta, com’era?
«I giocatori che hanno fallito sono in A o hanno richieste dalla serie A».
In questo mercato è stato fatto tutto il possibile per tornare subito in serie A?
«Questo è stato, per tutti, il mercato più difficile da parecchio tempo a questa parte. Noi avevamo tre obiettivi: liberarci di diversi contratti troppo onerosi per la serie B, cercare di accontentare le esigenze dei giocatori, creare per quanto possibile sopravvenienze attive».
Ci siete riusciti: a conti fatti l’Atalanta dovrebbe chiudere con 10-12 milioni di plusvalenze.
«Non siamo molto distanti dalla realtà. Il problema sta nei tempi di riscossione».
Pagamenti in tre-quattro anni?
«Siamo lì. E questo rischia di causare problemi finanziari».
Ma la squadra?
«Da quando ho l’uso della ragione non ho mai visto l’Atalanta recitare il ruolo di comparsa in serie B. È sempre stata protagonista. Il prossimo campionato non farà eccezione».
Quindi l’Atalanta giocherà per la promozione?
«Le intenzioni sono queste, ora Mandorlini lavorerà quattro settimane con questo gruppo e poi ci dirà cos’altro ritiene che possa servire. Faremo il possibile per accontentarlo».
Prendetegli Schwoch.
«Mandorlini è una persona di buonsenso e conosce il problema nella sua complessità».
Ci dica.
«Schwoch, lo conosco dai tempi di Ravenna (anche lui!, ndr), è un trascinatore, un goleador di razza. Ma ha 34 anni e altri due anni di contratto a un miliardo di lire nette a stagione. Chiaro che primo o poi qualcuno resterà con il cerino in mano...».
Questo significa parlar chiaro: Schwoch non è un investimento.
«Abbiamo Comandini e Vugrinec da testare subito, Saudati da novembre. Partiamo da qui. Anche se l’obiettivo primario è l’immediato ritorno in serie A».
Per questo avete sacrificato i giovani?
«L’Atalanta ha in rosa molti ragazzi, come sempre. Alcuni li abbiamo mandati a maturare, altri li abbiamo sacrificati per arrivare a giocatori considerati fondamentali per provare a vincere in serie B. Rantier e Padoin qui avrebbero trovato poco spazio, visti gli obiettivi».
Avete pescato poco anche in serie C.
«Mingazzini, l’ha voluto Mandorlini. Ma oggi le prime scelte di serie C costano più dei buoni giocatori di B. Abbiamo preferito questi ultimi».
È vero che da quest’anno è cambiata la politica sul mercato dei giovani?
«In questo mercato l’Atalanta ha movimentato 57 giocatori, in gran parte giovani. Ora si è scelto di stringere il gruppo dei giocatori sui quali puntare e di recuperare qualcosa da ogni movimento. Anche per dare un senso al lavoro del settore giovanile. Tenere un ragazzo che hai fuori a giocare da tre anni e non ha dato le risposte che aspettavi in questo calcio non è più logico».
Caleranno anche gli investimenti nel vivaio?
«Sul piano tecnico non cambia nulla, per il resto anche il settore giovanile dovrà ottimizzare i servizi. Questo vale per tutta la società».
Eppure parecchi maxi-ingaggi non ci sono più.
«Hai voglia. Gli ingaggi sono scesi del 30%, i ricavi caleranno di due terzi. Ne pagheremo le conseguenze».
Però avete applicato la legge spalmaperdite, e vi aiuteranno i 10-12 milioni di plusvalenze.
«Della legge spalmaperdite non possiamo ancora parlare perché aspettiamo il parere del collegio sindacale. Va applicata al bilancio chiuso al 30 giugno, ma da qui all’assemblea c’è tempo. Ne riparleremo».
Restano le plusvalenze.
«Provvidenziali. Assieme alle riserve ci permetteranno di far fronte alla stagione in serie B senza obbligare gli azionisti ad apporti di capitale. Considerata la crisi attuale, è un risultato straordinario».
E se l’Atalanta non tornasse subito in serie A?
«Non ci voglio neppure pensare».
I problemi finanziari stanno portando alcune società a diluire il pagamento degli ingaggi di una stagione in due-tre anni.
«All’Atalanta fino ad oggi non è mai successo, quest’anno a fine mercato dovremo far bene i conti e prendere in considerazione qualsiasi strada ci permetta di dar respiro al bilancio».
Se parte Berretta?
«Di certo sarà sostituito con un centrocampista di categoria e di valore. L’obiettivo primario è il ritorno in serie A. Per l’Atalanta è vitale».
Il giocatore che sarà decisivo?
«Sono problemi dell’allenatore, io da semplice tifoso di calcio dico Pinardi: se lui sarà la rivelazione della serie B, l’Atalanta tornerà in serie A».
Dia un voto alla sua gestione.
«Oggi non posso che darmi un quattro. Mi conforta avere altri due anni per riscattarmi».
In che modo?
«Primo: l’Atalanta che torna subito in serie A. Secondo: riportare il monte stipendi sotto i 10 milioni. Empoli e Modena si sono salvate in serie A con questo tetto».
(17/07/2003) Da L’Eco di Bergamo del 17/07/2003
Pietro Serina
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