L’antica Porta San Giacomo
tra alberi e stemmi spariti

Storylab stavolta ci porta in Città Alta, davanti alla magnifica porta San Giacomo. Un tempo lungo la salita che conduce alla porta c’erano anche gli alberi. E lo stemma sopra l’ingresso non è sempre stato quello che vediamo oggi.

SuStorylab.it sono tanti gli scatti di porta San Giacomo, uno dei luoghi simbolo della città di Bergamo, e sono tante anche le foto che ci mostrano la salita un po’ diversa da come la conosciamo oggi: in passato, infatti, anche qui c’erano alberi come sul resto delle Mura, come ci mostra questo scatto risalente all’inizio del Novecento. La presenza di queste piante è testimoniata anche da scatti risalenti agli anni Quaranta, successivamente il viale fu trasformato fino ad assumere l’aspetto attuale, senza alberi.

E non è l’unico dettaglio curioso nella foto di questo affascinante luogo di Bergamo: sulla porta non c’è il leone di San Marco, simbolo della Serenissima, ma uno scudo (era rosso e oro) e ai lati due bandiere tricolori con lo stemma sabaudo.

Lo stemma fu dipinto dopo la nascita del Regno d’Italia, modificando lo stemma asburgico che campeggiava sulle quattro porte durante la dominazione austriaca. Nel 1911 l’amministrazione comunale decise di dipingere nuovamente i leoni di San Marco sulle porte: nel 1913 toccò anche a porta San Giacomo. Sul finire degli anni Cinquanta il sindaco Simoncini, volendo sottolineare i secolari rapporti tra Bergamo e la Repubblica, vi fece collocare una scultura con il leone di San Marco.

Ai tempi della Serenissima porta San Giacomo non era la più importante di Bergamo: la precedeva quella di Sant’Agostino, sulla strada per Venezia, ma era l’unica che si vedeva da città bassa. Per questo Venezia non badò a spese nel costruirla e usò il pregiato marmo di Zandobbio. Gli architetti militari inizialmente trovarono difficoltà nel collocare questa porta: una prima sistemazione fu giudicata troppo esposta al tiro delle artiglierie nemiche, per cui la porta venne spostata dove’è ora.

Ecco il confronto tra la foto di inizio Novecento e quella di oggi, con lo scatto del nostro Beppe Bedolis.

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